sabato, Novembre 2, 2024

L’amore fin che dura: i “Non voglio che clara” tra l’amore e la paura

“L’amore (è) fin che dura. Poi resta la paura”. Quindi muovetevi, non perdete tempo. Non lasciate che le vostre giornate siano risucchiate nel vortice dell’inconcluso perché a “ottobre tolgon(o) tutti gli ombrelloni e le mogli tornano dai parrucchieri / poi si sposano tra i rovi di un cortile / dimentiche dei propri fallimenti e di ogni distrazione”. Questo l’appello che Fabio De Min e soci affidano al loro quinto disco, L’amore fin che dura, per l’appunto. Un romantico invito a mettersi in salvo dall’indimostrabilità del più grande postulato dei romantici, l’inesauribilità del sentimento più cantato al mondo.

Dieci canzoni e dieci titoli. Un articolo indeterminativo e una parola (due nel caso di La Bonne Heure). Quasi a voler sottolineare un intento unitario, per quello che però un concept album non è. Ecco, più che la tracklist di un concept album sembra l’indice di un libro di racconti. Di quelli che raccolgono storie venute fuori dalla stessa penna, nello stesso periodo, con la stessa ispirazione, ma che puoi iniziare a leggere da dove preferisci. In queste dieci tracce i personaggi e le situazioni sono slegate da qualsiasi connessione di impatto immediato. E’ Fabio De Min che ci racconta in modo intimistico quello che gli è passato accanto in questi ultimi anni. Descrizioni poetiche dal piglio realistico. Il filo rosso che unisce i dieci brani è la fine, la fine di qualcosa. E quindi ciò che sarebbe potuto essere ma non è stato.

Gli arrangiamenti sono come al solito molto eleganti. I Non Voglio Che Clara propongono ormai da anni un pop cantautoriale ricercato, non solo nei testi del buon De Min, ma anche nelle sonorità crepuscolari. Precisamente dal 2004, quando hanno esordito con Hotel Tivoli, un album subito notato dalla critica. Sei anni dopo pubblicavano il quarto album, Dei cani, che è stato una sorta di consacrazione definitiva. L’amore fin che dura si può considerare l’album della maturità. Ma una maturità sofferta, non tranquilla. L’instabilità attraversa l’intero disco. I sentimenti, il lavoro, i luoghi. E’ tutto precario. E c’è molta tristezza.

Molto interessante l’ultima traccia, La Caccia, una canzone che è stata scritta alcuni anni fa, e che avrebbe dovuto essere inserita nell’album precedente. E invece è finita a chiudere L’amore fin che dura. E lo fa benissimo, perché racconta la fine di un amore e una partenza, difficile. Tutto l’album sembra prendere forma da qui, dalla sua fine, che in realtà faceva parte di un atto creativo precedente. Molto forte è l’immagine dello Zio nel brano omonimo. L’incipit è davvero duro. “Lo zio non ha più un lavoro da tempo / e aspetta solo di diventar(e) vecchio”. E’ la storia di un uomo che “ha disfatto più letti che valigie”, ma che ora non riesce più a dare un senso ai giorni che verranno.

In L’amore fin che dura non mancano gli ospiti. Paola Colombo, voce e chitarra acustica dei Dilaila. E Rodrigo D’Erasmo, violinista degli Afterhours da circa 6 anni, che nella sua carriera ha collaborato con tantissimi artisti. Anche i Muse. Per loro ha suonato il violino nella parte iniziale di Survival, il brano scelto come inno ufficiale delle Olimpiadi di Londra del 2012. Alla produzione ha partecipato Giulio Ragno Favero, già produttore del precedente Dei Cani, insieme allo stesso Fabio De Min. Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio i Non Voglio Che Clara inizieranno il tour di presentazione del nuovo album. Una forte iniezione di fiducia per l’universo cantautoriale italiano.

 

Fausto Corvino
Fausto Corvino
Fausto Corvino nasce a Caserta, nel 1989, di primavera, nel secondo pomeriggio. Vive a Roma da 6 anni, quasi 7. Aggiorna con frequenza la lista dei luoghi preferiti. Scrive tanto, cose molto diverse tra loro. Spesso si meraviglia. E questo lo rassicura.

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