Costola dei Timber Timbre, essendo Simon ed Olivier, rispettivamente, chitarrista e batterista della formazione canadese, che di quella perde l’afflato folk mantenendone però l’impatto cinematico; salvo poi estrarre l’essenza ritmico/armonica del suono della band madre, in funzione di queste miniature minimaliste, scure e col post-rock chicagoano nel dna. Perché, se ad Hotel Blues pare mancare solo la voce di Taylor Kirk per far il paio con brani come Curtains?! (dopo una fuorviante, sbilenca, intro dub), il referente più prossimo pare risiedere proprio nei Tortoise (altezza TNT), tra ricordi Canterbury, sospensioni noir ed obliquità neopsichedeliche da trance Savage Republic.
Tanto che Girl Seizure è costruita su un tappeto Neu che è, né più né meno, che Swug From The Gutters. Ma l’out pop primi ’00 saltella da tutte le parti del disco, richiamando alla mente tanto degli Air d’oltreoceano (synth d’epoca, piani elettrici, echi ed umori da Dipartimento Scuola Educazione), tanto le orchestre in nero dei Portishead. In mezzo oscure presenze (Cape Fear), space funk inceppati (It’s not Chris), ballate al rallenty (Hotel Kiss) ed un forte sentore d’estemporaneità che rende tutto, forse, più precario ma anche, indubbiamente, più genuino.
Ci sarà un seguito? Chissà. Intanto una domande sale su: è già tempo di revival?