L’ultimo lavoro di Leo Pari è una contorsione dapprima alfabetica e poi sonora. Sirèna completa una trilogia iniziata nel 2012 con Rèsina, il cui anagramma restituisce l’oggetto delle prossime righe. Autore romano, ha collaborato con numerosi artisti quali Simone Cristicchi (firmando per lui il testo di Vorrei cantare come Biagio), PierCortese, Piotta, Niccolò Fabi e molti altri ancora. Un curriculum che tuttavia anticipa poco del Leo Pari cantore in Sirèna, salvo – forse – suggerire un’estrema versatilità e adattabilità stilistica.
Siréna racchiude dieci canzoni interamente composte dall’artista che delineano un percorso intimo strutturato attorno ad alcuni perni dal tema amoroso; romanticismo, incontri, abbandoni, tutti cantati con schiettezza e energia. Ballate all’insegna della chitarra slide, delle tastiere suonate in piena libertà e dei suoni garbati del mellotron. Un bouquet sonoro che consente di affiancare Leo Pari alla tradizione italiana che va da Ivan Graziani, Rino Gaetano, Dalla, fino ad un più vicino Brunori Sas, nonostante l’approccio più morigerato e meno urlatore del musicista romano. La contorsione sonora preannunciata nelle prime righe, trova conferma nella struttura dell’album. Si passa dai riflessi blues e country di Piccolo sogno e Boogie#12, l’armonica folk ne Se tu sapessi innamorarti di me fino al rock distorto di Assholo.
La fantasia e l’estrosità si manifestano non solo nella capacità disinvolta del fraseggio che rende Leo Pari un paroliere di livello, ma anche nella capacità di attingere a vari generi musicali pur mantenendo una complessiva coesione nell’album. E anche nei momenti più introspettivi e palesemente più avviluppati dal peso della riflessione e dei bilanci esistenziali, Leo Pari sfodera quel tocco ironico e autoironico in grado di metterlo al riparo, lui “una calamita di calamità” (L’uomo niente).