Lili Refrain è quello che dovremo chiamare un orgoglio nazionale: la giovane romana è un portento della tecnica e maestra della tecnologia che ha a disposizione, in studio e nei live. Nonostante questo nome così soave, si cela una maschera di adamantio, ed è con il suo terzo disco Kawax che viene a dimostrarcelo.
Lili suona quasi tutto interamente in solitaria, eccezion fatta per le incursioni batteristiche di Valerio Diamanti, il feat. con il noto Manzan e la collaborazione in Tragos firmata insieme a Inferno Sci-Fi Grind’N’Roll, e il prodotto finale è un bello schiaffo a muso duro fatto di grind, rock progressivo, metal anch’esso tinto di progressive, madrigali sparsi.
La capacità di tessere trame chitarristiche sottili ma resistenti conferiscono un senso di sospetto e inquietudine (Goya), il raggiungimento della pazzia (666 Burns), la frenesia di un viaggio all’inferno con biglietto di sola andata (Baptism of Fire).
Al di là di tutti i riferimenti legati a mondo metal, questo disco potrebbe piacere anche a chi è totalmente a digiuno del genere e della miriade di sottogeneri. Questo grazie al fatto che, ad esempio, Baptism of Fire assomiglia molto più agli Eterea Post Bong Band che ai Manowar, come pure Echoes si rifa alla parte intermedia di Atom Heart Mother dei Pink Floyd. Da non dimenticare i contributi canori di Nature Boy, rituale ancestrale con sacrificio umano. Un disco da ascoltare assolutamente.