Paolo Bardelli e Fabrizio Ascari lavorano insieme da qualche lustro dietro il moniker Mustek e hanno quattro EP all’attivo tutti sviluppati tra analogico e digitale, attraverso un percorso che si interroga sulla relazione tra psiche, contesti urbani e identità.
Dopo aver sperimentato con l’IA in tempi non sospetti, creando un vero e proprio avatar in grado di cantare il loro Summer of blood, tornano a sperimentare ad un anno di distanza con i modelli di Deep Learning, ispirati dal lavoro ormai seminale di Yang/Kuciara per Lost dei Linkin Park.
Per “No end in sight“, loro nuovo singolo, si sono fatti sedurre da una piattaforma come Kaiber, la stessa utilizzata da Yang/Kuciara, che rispetto ad altre testo/immagine, accetta input fotografici e può elaborare un risultato a partire dalle immagini stesse.
Hanno realizzato tutto in autonomia, sviscerando le peculiarità della piattaforma: “Viene inserito il plot del video in maniera testuale – ci ha detto Paolo – così come lo stile. Nel nostro caso, l’inizio del video è stato generato dando in pasto una nostra foto unitamente ad alcune descrizioni dettagliate della scena, dei movimenti di camera, del formato video che volevamo ottenere“
Partendo da fonti rigorosamente originali, i Mustek hanno affidato all’IA tutti i processi di sviluppo e animazione: “il workflow – ha aggiunto Paolo – è stato caratterizzato da una suddivisione del brano in segmenti, in base alla sua logica interna, così da creare alcune clips adatte per il montaggio. Per ogni segmento veniva allegata una descrizione dettagliata, lo stile, il comportamento della camera. Per rispettare il più possibile la continuity dei vari footage, partivamo dall’ultimo frame del clip ri-generato dall’IA, come input per quello successivo“
Montato in modo agile su iPad sfruttando iMovie per sincronizzare il tutto, i Mustek hanno eliminato qualsiasi intervento in post sull’animazione, lasciando all’IA il compito.
“Tutto è Raw – ci ha detto Paolo – così come l’IA l’ha generato”
Il video, ispirato all’immaginario di Shinya Tsukamoto e al suo Tetsuo, ha un’impostazione cyberpunk e sci-fi di fondo. Davvero coerenti e suggestive le mutazioni a vista dello spazio che da un ambiente laboratoriale ci portano a compiere un vero e proprio viaggio interstellare, fino ai recessi di un cervello che condivide più stadi di trasformazione e connette il cosmo con l’esperienza urbana. I Mustek trasformati nei personaggi di un anime, li vediamo alla deriva in una dimensione aumentata e allo stesso tempo, demiurghi di questo mondo immaginale che si spalanca, si sfalda, si moltiplica sotto ai loro piedi.
L’ipotesi, suggerita anche dal brano, è quella di un’intelligenza artificiale come propellente creativo senza limiti e confini tra ciò che consideriamo virtuale e quella che ancora chiamiamo “realtà”.
C’è il tentativo chiarissimo di creare un’allegoria visuale dell’atto compositivo più che un insieme di sinestesie tra musica e immagine. Tutto riconduce ad una cornice dentro l’altra, fino al cuore di una musica cablata con le macchine, che suggerisce la stretta connessione tra il brano e la lettura dello stesso che l’IA ha fornito al duo reggiano. Il risultato è un ibrido tra l’esperienza ancora legata al predominio scopico, che si dibatte con l’elaborazione dell’IA modellata su prototipi di calcolo squisitamente mentali.
Una visione disancorata dallo sguardo, ma che riesce a duplicarne tutti i processi.
Al momento di scrivere, il video più bello e riuscito tra quelli realizzati con IA in Italia
Mustek, no end in sight, il video realizzato completamente con l’ausilio dell’Intelligenza artificiale