venerdì, Novembre 22, 2024

Lucero – All A Man Should Do: la recensione

L’America rock più profonda ha ormai introiettato lo spirito punk, o forse al contrario è il punk ad essere andato verso il Midwest dopo essere nato sulle due opposte coste, a New York e a Los Angeles. Fatto sta che ormai da qualche anno le migliori band e i migliori dischi provenienti dagli Stati Uniti sono figli di questa mescolanza tra tradizione e spirito ribelle. Non parliamo solo di gente come Steve Earle, che con la sua vita da outlaw è punk molto più di tanti giovani con la cresta, ma anche di una serie di gruppi non ascrivibili all’alt-country ormai dormiente e nemmeno all’invece mai morto ma granitico Southern Rock, per fare qualche nome The Gaslight Anthem, The Hold Steady, Drive-By Truckers, gente figlia di Bruce Springsteen come dei Social Distortion, di Hank Williams come dei Ramones.

Tra questi ci sono anche i Lucero, nome forse meno conosciuto in Europa rispetto alle band elencate poco sopra, ma attivo da ormai una quindicina d’anni, proveniente dal cuore del rock’n’roll più tradizionale, cioè Memphis, la città dei Sun Studio. Questo All A Man Should Do è il loro ottavo disco in studio ed è, secondo il cantante e leader Ben Nichols, il disco che avrebbe voluto fare quando aveva quindici anni e che è riuscito a fare oggi, a quarant’anni.

Ben doveva essere un quindicenne con una collezione di dischi più che rispettabile, perché in All A Man Should Do c’è un mix di tutto il meglio che l’America e Memphis hanno partorito nella storia del rock: ci sono ottime basi folk e country, c’è il rock asciutto ma ficcante della Band, c’è il sudore del punk e anche il soul della Stax, con i fiati in gran spolvero ad esempio in Can’t You Hear Them Owl o nella bellissima Throwback No. 2. E c’è soprattutto la penna di Ben, capace di scrivere grandi canzoni, siano esse ballate pregne di classicità (I Woke Up In New Orleans), omaggi al cantautorato allineato ma non troppo (Went Looking For Warren Zevon’s Los Angeles), pezzi più diretti (I’m In Love With A Girl) o i già citati avvicinamenti al soul.

Complimenti quindi al Ben quindicenne e anche a quello quarantenne, oltre che al resto della band, una vera macchina da guerra musicale in grado di macinare e mescolare sapientemente generi e umori. Ora non ci resta che sperare in qualche data italiana o, cosa più probabile, in luoghi raggiungibili con voli low-cost. Intanto ascoltiamoci a ripetizione All A Man Shoud Do, un disco di cui sarà difficile stancarsi.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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