venerdì, Novembre 22, 2024

Lucinda Williams – Down Where The Spirit Meets The Bone: la recensione

A volte basterebbe semplicemente riportare il titolo del disco da recensire per far capire il suo contenuto: Down Where The Spirit Meets The Bone, la nuova opera di Lucinda Williams, è sicuramente uno dei casi più eclatanti in questo senso.

Il doppio album della cantautrice statunitense è infatti un viaggio all’interno della sua anima, scavata ed esaminata così in profondità da giungere davvero fino alle ossa. Nel farlo Lucinda viaggia anche attraverso l’America e la sua musica, compiendo la stessa operazione chirurgica di esplorazione ed analisi che fa su se stessa.

Il risultato è eccezionale, più di un’ora e mezza di grandissima musica, vera, sentita, a dare un altro capolavoro da aggiungere alla lista di Lucinda dopo Car Wheels On Gravel Road, Essence e World Without Tears, un ritorno quindi agli enormi livelli qualitativi di fine anni Novanta-inizio anni Duemila dopo un periodo di lieve appannamento.
Lucinda canta la sua vita e la fa diventare la vita di tutti noi, un dono che pochi hanno e che ancora meno persone sanno sfruttare, forse solo lei e Steve Earle (oltre a personaggi totalmente underground come Tom Ovans) oggi negli Stati Uniti.

Oltre a lanciare una petizione per la creazione di una riserva per proteggere questi songwriter non ci resta quindi che consigliarvi l’ascolto di Down Where The Spirit Meets The Bone, partendo da Compassion, basata su una poesia del padre di Lucinda, Miller Williams, e poi lasciandosi trasportare dalle stupende ballate del primo disco, che trovano il loro acme in West Memphis ed in It’s Gonna Rain, dove interviene anche Jakob Dylan per un duetto d’altri tempi. Si passa poi alla seconda parte, annunciata da Something Wicked This Way Comes, leggermente più inquieta ed elettrica, come ad esempio in Temporary Nature (Of Any Precious Thing), prima dello scioglimento finale in Magnolia, cover del brano di JJ Cale, che si prolunga fino quasi a toccare i dieci minuti grazie alla chitarra elettrica lanciata in assoli che sono puro distillato di suono americano, così come lo è l’intera vita e vicenda artistica di Lucinda Williams.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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