m o k r o ï é è un progetto electro e trip hop di qualità multidisciplinare creato da Francesco Virgilio in collaborazione con la cantante Carol Aplogan. Nel combinare musica elettronica, poesia e spoken word, oltre a fotografia, video e live performance, il progetto muta costantemente grazie agli stimoli di Virgilio nel coinvolgere artisti di diversa provenienza e con un background sempre nuovo, via via definito in base all’indirizzo che il progetto stesso decide di intraprendere.
« G L O B A L – S Y S T E M – E R R O R » è il nuovo progetto di m o k r o ï é, un racconto sulle pulsioni autodistruttive del mondo, il cui sottotitolo (man’s inability to refrain from war, and the crisis it ensues) è una vera e propria dichiarazione di intenti.
Per le due tracce che costituiscono il progetto, Virgilio ha coinvolto la batteria di Dave Collingwood e il talento di Cyril Atef per elaborare le versioni acustiche degli stessi brani.
La voce è quella di Allonymous, che insieme a Cyril Atef e Dave Collingwood creano uno spazio sonoro emotivo pronto ad accogliere il lavoro fotografico di Sergey Ponomarev
Oltre alla musica infatti, come in tutti i progetti con moniker m o k r o ï é, la parte audiovisiva ha un’importanza rilevante.
Il video di BECAUSE che proponiamo qui in anteprima per l’Italia, ne è un esempio e fa parte di una trilogia audiovisiva che vede la collaborazione di Sergey Ponomarev, premio Pulitzer per la fotografia e i cui reportage sono sintetizzati in questi cinque minuti e mezzo che tolgono il fiato
m o k r o ï é – B E C A U S E – video ufficiale
Sergey Igorevich Ponomarev è un fotografo Russo, nel 2016 ha condiviso il Pulitzer come reporter emergente insieme a Mauricio Lima, Tyler Hicks e Daniel Etter. La motivazione: “Per le sue fotografie che riescono a catturare lo spirito dei rifugiati, il pericolo del loro percorso e dei loro viaggi e le difficoltà incontrate con i paesi che dovrebbero ospitarli”
L’occhio di Ponomarev cattura tutto il senso della crisi Europea legata al calvario dei migranti, lo dimostra il suo frequente lavoro per il New York Times, di cui è collaboratore assiduo e i progetti in cui ha seguito direttamente il percorso dei migranti, sopratutto con un progetto che lo ha fatto viaggiare per ben cinque mesi a contatto con una realtà crudissima.
L’occhio di Sergey Ponomarev, anche quando sembra cedere di fronte alla violenza più brutale, coglie sempre la presenza di un limite, di un interstizio tra il disastro e la salvezza, un grado di umanità profondissima sospeso sul baratro della morte.
Di seguito una selezione delle sue foto più belle