New York. La stanza di un albergo e un letto sfatto. Sono le 3 del mattino. Madame X inserisce un foglio di carta nella macchina da scrivere e batte sui tasti. Alla parete i ritratti di Frida Kahlo, Simone de Beauvoir e Angela Davis. Il tempo comincia a scorrere all’indietro e le prime immagini di un violento massacro interferiscono con la scrittura. I colori sono quelli di un club fine settanta, il Danceteria o lo Studio 54, ma i corpi non ballano più, crivellati da un killer spietato che potrebbe avere il volto di David Mark Chapman o semplicemente quello di un uomo comune.
Jonas Åkerlund torna a collaborare con Madonna e mette insieme con la sua furia visionaria, quarant’anni di storia creativa alla luce della deriva distruttiva che ha sostituito il divertimento con la morte.
Dancefloor e libertà sessuale sono ancora al centro per la musicista statunitense, tanto da intersecare luoghi, tra New York e Los Angeles, ma anche ricombinare eventi tragici come la strage di Orlando avvenuta all’interno del Pulse Club nel 2016, o la vicenda rivelata nel 2015 dalla stessa Madonna, vittima di uno stupratore quando aveva vent’anni e si era trasferita a NY appena da uno.
Se il “messaggio” è chiaro, come cornice stessa del video, con i comunicati stampa e attraverso la descrizione nel box youtube che invita a sottoscrivere campagne e iniziative sociali contro l’utilizzo delle armi, sorprende la capacità di ripercorrere la propria identità iconica cancellandone la persistenza e la memoria, tra groove e dolore, violenza personale e collettiva.
Otto minuti di video e la contrazione di una nottata di cinque ore ri-attivata al contrario con l’atto della scrittura, ma soprattutto la fine di un’epoca che ancora ci illudiamo nel voler recuperare, dove tutto l’immaginario, le vibrazioni, l’edonismo positivo degli anni ottanta e novanta, vengono spazzati via da un’incredibile ondata di violenza.
La lacrima di Madame X, poco prima che sullo schermo compaia uno statement di Angela Davis, rivela la qualità di un’operazione anti-nostalgica, proprio quando quei suoni e quell’immaginario vengono globalmente recuperati dall’industria per stordirci con le stronzate museali della cultura vintage per il vintage. Si, l’industria, finita da tempo insieme a quell’immaginario, tira calci con l’inganno dei simulacri, ma siamo già tutti morti. Svegliatevi.
“non accetto più le cose che non posso cambiare… sto cambiando le cose che non posso accettare” (Angela Davis)