In mezzo al ricco metaverso dell’illustrazione per bambini, quello di Mara Cerri comprende un lavoro sull’infanzia stessa, che è molto difficile rintracciare altrove. Nella dimensione ancora tattile del disegno, l’artista marchigiana si allontana in modo deciso dalla trasversalità del Surrealismo Pop, pur condividendone alcuni temi, per privilegiare un mondo fatto di ombre, riflessi, sdoppiamenti percettivi tra il sogno e la realtà pre-semantica dell’infanzia.
La tensione di Via Curiel, 8, corto realizzato insieme a Magda Guidi e premiato al Torino Film Festival nell’ormai lontano 2011, ci raccontava quanto l’impermanenza del mondo disegnato dalla Cerri, anelasse una fuoriuscita dai confini del disegno, verso il passo cinematico.
Il video realizzato per Giacomo Toni, prodotto per anticipare “Ballate di Ferro“, il terzo album del cantautore romagnolo in uscita a Settembre 2021 per L’Amor Mio Non Muore Dischi, con la produzione artistica di Don Antonio, arriva dopo il secondo cortometraggio di Mara Cerri, quel Sogni al campo che è stato presentato nella sezione Orizzonti della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 2021, racconto quasi Zen di elaborazione del lutto e comprensione della soglia tra vita e morte.
Lo sguardo dei bambini è sempre al centro, ma nella forma non riconciliata dell’infanzia, che sfugge a qualsiasi categorizzazione.
Ed è in fondo esperienza del vuoto anche il video di “Se proprio devo“, dove i luoghi della periferia urbana vengono riempiti dai volti, i gesti e gli oggetti di un’infanzia che ha già oltrepassato lo specchio. Un rivedersi fanciulli che Dino Campana descriveva come esperienza non lineare del tempo. Il movimento, qui, rende tutto instabile: i ricordi, la descrizione dei luoghi, la composizione stessa del frame.
Giacomo Toni – Se Proprio Devo – Il video d’animazione di Mara Cerri
In un campetto da calcio dei ragazzini costruiscono relazioni, mentre un cantiere tira su un mondo che le renderà più stridenti. Un uomo e una donna si fronteggiano e si negano le illusioni dell’infanzia, oppure contrattano un nuovo equilibrio. Il pallone da calcio si deforma e diventa una betoniera che impasta ricordi, suggestioni sonore, storie. Non può fermarsi. La bellezza, intatta, fugge dal buio di una serranda abbassata e si nasconde dentro un paesaggio mentre le parole di questa ballata ne esaltano il respiro.
Se proprio devo, il videoclip realizzato da Mara Cerri per Giacomo Toni in concorso ad Asolo Art Film Festival 2021
Il video di Mara Cerri è stato selezionato per il concorso di Asolo Art Film Festival 2021, nella sezione “Music Video” che ho curato personalmente. Le venti opere della sezione, concorreranno insieme alle altre, in un contesto che rende più permeabili quelle distinzioni di formato, durata e concezione, che stiamo fortunatamente perdendo e che nel caso dei videoclip, toglie un fenomeno resuscitato nella rete, per condurlo nuovamente fuori, nello spazio condiviso della sala cinematografica. Quest’anno, causa Covid-19, l’esperienza sarà limitata per tutti i film del concorso. I videoclip in questo senso, già godono di una circolazione autonoma attraverso i canali preposti alla promozione musicale, la sala è quindi importante per determinare una diversa dimensione dell’attenzione e un recupero di altri sensi oltre lo sguardo, come ci insegna Vivian Sobchack, che nell’esperienza inter-relata, dona parte delle energie tattili ai dispositivi del controllo.
“Music Video” allora come, il video siamo noi, nella riappropriazione dello spazio eterotopo sul confine tra corpo e schermo, musica e immagine del suono.
Per l’occasione, abbiamo chiesto a Mara Cerri di raccontarci il lavoro svolto su “Se Proprio Devo” e più in generale, le suggestioni della sua arte.
Mara Cerri, l’intervista: Tra vibrazione della materia e l’invisibile
Come hai incontrato la musica di Giacomo Toni?
Un amico musicista mi aveva fatto ascoltare alcuni suoi pezzi, l’avevo apprezzato ma solo dopo averlo ascoltato dal vivo ho capito veramente dove colpisse il suo lavoro.
Una sera d’estate ho sentito questo pezzo, “Se proprio devo”, suonato sulla spiaggia di Cesenatico in trio con Roberto Villa (N.D.R. Guarda l’anteprima esclusiva di Torbido su Indie-eye Videoclip) e Daniele Marzi.
Ho sentito di aderire intimamente ad ogni parola, o almeno idealmente avrei voluto.
“Se proprio devo” ripetuto 10 volte come fosse un decalogo e un manifesto del vivere.
Da questa adesione intima al Videoclip. Come è nata la collaborazione?
Quando Giacomo mi ha chiesto di lavorare insieme non ho detto subito si, anche se forse era già un mio desiderio. Ci siamo scontrati e mi sono presa qualche insulto… ma era una provocazione.
Davvero?! Interessante, puoi approfondire questo aspetto in termini creativi?
Ho iniziato ad ascoltare i suoi dischi e ad amarne il sound, sono tornata ai live e imparavo i suoi contrasti. Il suo era un lavoro ossimorico ed esatto, si percepiva una struttura solida.
Quello che i suoi pezzi mi restituivano era una dimensione umana raccontata anche nelle sue sporcizie. Eppure luccicante.
Quando hai cominciato a lavorare al video?
Ho lavorato al video durante il lockdown.
E come hai sviluppato la narrazione?
Ero rimasta affascinata dall’autenticità con cui Toni mi raccontava della sua squadra di calcio over 35 di Forlimpopoli, mi sembrava che in quel suo accendersi ci fossero nodi importanti.
Ho iniziato a dipingere su fotogrammi video di alcuni ragazzini preadolescenti che giocano a calcio, selezionando frammenti di scene che restituivano le loro reazioni al gioco. Lì c’era per me la manifestazione non didascalica ma strutturale alle parole della canzone.
Puoi dirci qualcosa in più su questo passaggio dal fotogramma al disegno?
Nelle sbavature della china e nelle sue sporcizie c’era aderenza alla narrazione e al suono, nella vibrazione di alcune materie ecco lo sbrilluccichìo della vita di provincia così come Giacomo sa raccontarla.
In termini pratici come hai lavorato?
Realizzando molti fotogrammi, in particolare quelli che restituiscono una memoria, sono ottenuti dalla sovrapposizione dell’immagine dipinta e del suo spettro, le macchie sul retro del foglio di carta.
Una sovrapposizione interessante, anche in termini concettuali…
Si, questo procedere mi ha sostenuta nell’illusione di una verità, la sensazione della compresenza di più aspetti del reale: quello visibile e quello nascosto insieme.
Come hai ricombinato questo materiale?
I fotogrammi sono stati montati più e più volte a video a passo tre sulla traccia sonora fino ad ottenere un impasto di suoni e segni che si compenetrassero. Mi pare ancora che abbiano una vibrazione e un respiro comune.
Assolutamente. Oltre al lavoro sui video, hai fatto esperienza dei luoghi raccontati da Giacomo?
Durante la lavorazione del video sono stata a trovare Toni a Forlimpopoli, mi ha portata a tirare due calci in quello che chiama il campetto della chiesina. Lì c’è un bar e davanti, a poche decine di metri, un cantiere di case in costruzione.
Era tutto lì, ho messo a confronto queste situazioni: i ragazzini nel campetto e il cantiere.
Lo strumento del cinema d’animazione, nella trasformazione tra la palla e la betoniera, mi ha permesso di mettere in relazione i due mondi in un passaggio misterioso di senso e di tempo in cui i singoli fotogrammi sono astrazioni, lune, eclissi.
C’è una relazione diretta tra le immagini del video e l’artwork del disco di Toni che uscirà a settembre, questo è un aspetto che mi piace molto perché sin dagli anni ottanta è un dialogo che ha plasmato l’immagine industriale e che ora diventa più vicino ad un lavoro, personale e autoriale, di art direction.
Si, quella forma è stata stampata anche sul centrino del disco di vinile, la betoniera gira impastando suoni e storie: “Ballate di ferro” è il titolo dell’album che esce in settembre per L’Amor mio non muore dischi, ha questo titolo proprio perché questo primo singolo è cardine di un’intenzione. Un disco di canzoni che parlano d’amore, ma dimenandosi ostinatamente dal morso della retorica e dei sentimentalismi.
In che senso?
In alcuni pezzi ribalta e scompagina con ironia i punti di riferimento su cui si muove il pensiero comune, in altri approda a momenti di epifania in cui la bellezza si manifesta fiera.
Queste ballate di ferro sono forse attriti dovuti a retoriche che vanno decostruite, oppure rivendicano l’idea di un sentimento che si confronti anche con alcune durezze.
Quando disegnavo quella scarpa bianca mi rendevo conto che formalmente era il corrispettivo del casco indossato dal personaggio maschile del video, che poi viene da un altro video di Toni. Due forme bianche con incavi neri così come la betoniera. Tutti fortemente simbolici.
Che tipo d’amore è quello che hai intravisto nel lavoro di Toni e che poi hai trasposto in questa avventura creativa?
L’amore non è quello illusorio salvifico e risolutivo. Non è una fiaba.
L’amore dovrebbe avere sempre un carattere d’urgenza nei confronti del reale, come ne “L’invenzione dell’amore” di Daniel Filipe, un poema cui ho lavorato parallelamente al video e che uscirà nei prossimi mesi per Else edizioni. I due lavori hanno avuto per me e per come li ho vissuti un forte eco di significato tra loro.
Le edizioni Else hanno deciso di appoggiare anche “Se proprio devo” in coedizione con L’Amor mio non muore e hanno stampato delle serigrafie a tiratura limitata sulle immagini del videoclip, un trittico di carta pieghevole che contiene anche il testo della canzone.
Animazione e illustrazione: come si incontrano questi due mondi e cosa consente la prima rispetto alla seconda
Hanno in comune fondamentalmente il disegno, il segno naturalmente. Ma si muovono poi su binari molto diversi, almeno per me. L’animazione permette di svelare qualcosa nel movimento, nello scorrere del tempo. E’ meno contemplativa della singola illustrazione. I singoli disegni di un’animazione sono a volte delle sorprese anche per l’autore, perché nel disegnare il singolo frame si è già protesi verso quello successivo.
Qual è la tua idea di animazione Mara?
Credo debba conservare sempre la sua parte di mistero, uno sguardo rivolto all’invisibile.
Credo nell’animazione dipinta a mano e nella vibrazione della materia, amo i percorsi che non sono già prestabiliti ma diventano mano a mano organismi autonomi. Si alzano quando ne hanno la forza .
L’inclusione del video nella sezione di videoclip di Asolo Art Film Festival, qualche impressione a caldo…
Ne sono molto contenta naturalmente, questa selezione è un riconoscimento del lavoro che è stato fatto ma soprattutto la possibilità di condividerlo. Sono molto curiosa di vedere gli altri lavori selezionati e farmi un’idea di quello che viene prodotto.