17 ottobre, si apre la prima delle due serate che ospiteranno il tour di Catartica 994/014 dei Marlene Kuntz. Nella cornice della Latteria Molloy a Brescia, il gruppo di Cristiano Godano sale sul palco per due ore piene di immersione totale negli anni ’90 della produzione della band. Venti pezzi per festeggiare il ventennale di Catartica un disco che oggi ameremmo definire come “sperimentale”, ma che allora sintetizzava in una forma encomiabile le tendenze melodiche della canzone italiana con la fascinazione esercitata dai gruppi della scena noise internazionale; uno fra tutti, i Sonic Youth.
Siamo già oltre le 23.00 quando il bassista Luca Lagash Saporiti sale sul palco seguito della formazione originaria piemontese: Luca Bergia alla batteria, Riccardo Tesio alla chitarra e per ultimo Cristiano Godano; per lui mocassini e pantaloni bianchi e una camicia che resterà asciutta solo per pochi istanti. I pezzi che porteranno il pubblico della Latteria a salutare l’una di notte, investono i presenti con vigore e energia sconosciuti alla maggior parte dei giovani gruppi in circolazione. Godano si liquefà letteralmente canzone dopo canzone in una rapidissima e serrata successione di pezzi che attraversano la schiena di Catartica da parte a parte e coinvolgendo i pezzi, esclusi dall’album del ’94, inseriti nella pubblicazione di quest’anno dal titolo Panasonica. Pezzi che non vedevano la luce da svariati anni come Fuoco su di te o Giu giù giù, sono suonati fino allo stremo mettendo in mostra la ben nota contrapposizione fra l’inquietudine tourettiana di Godano e lo stare composto di Tesio. Si prosegue e nuovi gioielli tornano in mostra era sempre il 1994 quando i C.S.I., Consorzio Suonatori Indipendenti, regalavano una cover di un gruppo “non troppo conosciuto”. La canzone era Lieve e Giovanni Lindo Ferretti si augurava di riuscire a cantarla bene, perché presentava per lui alcune difficoltà. Nessuna difficoltà per Godano che intona una versione appuntita e spigolosa di questa elegia incattivendo il suo messaggio di rinascita costante e continua.
E se su Twitter la band si domandava se avrebbe o meno buttato giù il locale a suon di catartiche distorsioni, di sicuro Luca Bergia ha preso la scommessa in parola, distruggendo il pedale della batteria sul finire del concerto. Del resto, sentirsi forti nell’abilità di un concerto che scorre liscio dall’inizio alla fine sarebbe proprio appropriato per i MK. Pochi attimi di cambio tecnico e il concerto volge al termine. I pezzi che seguono l’encore, (le distorsioni lancinanti di Festa Mesta, gli urli elettrici di Sonica) infiammano il pubblico delle prime file con un pogo ruvido, sudato e soddisfatto.
Quindi, prendendo a prestito alcuni versi di M.K., Lascia che ti vomiti un’onda di parole/ Ma-Ma-Marlene/ è la migliore!