“Memo from Turner è come un vero e proprio videoclip, un’anticipazione di MTV. È realizzato in modo perfetto e anche se al momento sapevo bene cosa voleva ottenere Donald Cammell da quella scena, tutto era stato improvvisato all’ultimo minuto e non compariva nella sceneggiatura. La sequenza è stata aggiunta in seguito“.
In un’intervista concessa a Mojo nel 2019, Mick Jagger spiega così la genesi della sequenza legata a “Memo From Turner” all’interno di “Performance“, il film co-diretto da Nicolas Roeg e Donald Cammell e interpretato dallo stesso Jagger insieme a James Fox e Anita Pallenberg.
Il brano fu inciso da Jagger senza gli Stones e con Ry Cooder alla chitarra, attivo per buona parte della colonna sonora scritta da Jack Nitzsche e arrangiata da Randy Newman.
Due giorni fa il singolo del brano festeggiava 50 anni dalla sua pubblicazione. Registrato due anni prima, nel 1968, durante la lavorazione del film, trova spazio nello stesso con una sequenza quasi improvvisata e realizzata con il lessico di un promo video.
In rete è ri-emerso durante l’ultimo decennio come segmento autonomo, contribuendo ad una risemantizzazione del frammento e anche ad alimentare una serie di equivoci. Quello più diffuso è relativo alla sua collocazione pionieristica nella storia dei video musicali, considerazione vera e allo stesso tempo falsa, se si valuta l’evoluzione dei filmati promo dal 1968 al 1970 e il contributo di registi come Michael Lindsay-Hogg, che oltre al lavoro per The Beatles realizzato negli studi Twickenham, collaborerà a lungo proprio con gli Stones.
Roeg e Cammel intercettano al momento giusto quella relazione tra spazio performativo, simulazione e improvvisazione, all’interno di un film già ibrido e attraversato da una promiscuità creativa e personale molto rara.
Dentro la pupilla, Roeg/Cammell mettono al centro Mick Jagger seduto alla scrivania e pronto a trascinare in un viaggio dionisiaco i gangster a cui si rivolge. La tecnica è identica a quella che gli consente di inserire un fotogramma subliminale di Jorge Luis Borges, per identificare uno spazio tra occhio e coscienza.
“Memo From Turner” rappresenta il centro di quella fluidità sessuale che attraversa tutto il film, genoma per il cinema di Medak, Wheatley, Rumley e allo stesso tempo immagine di sintesi che riconfigura la performance cine-televisiva a venire, come spazio combinatorio correlato agli elementi costitutivi della musica.
Ancora al centro di quel dialogo tra immagine e suono, tipico della ricerca sinestetica operata dalle avanguardie, affida soprattutto alla relazione luce/buio la mutazione dell’immagine e le trasformazioni identitarie. Strobo-immagine che proviene dagli esperimenti Wharoliani con i Velvet e che proiettata in avanti, arriva fino alla granulosità dei video di Corbijn e alle vibrazioni elettriche della luce in certi video della fine degli anni ottanta.