I VillaZuk vengono da Cosenza. Sono tre. Domenico Scarcello. Andrea Minervini. Eugenio Ferraro. Si uniscono nel 2009 e l’anno dopo esordiscono con il primo album, … a colorare Libertà. Il primo brano, Fiorecrì, diventa la sigla del video che annuncia il concerto di Piazza del Popolo a Roma a sostegno del SI ai quesiti referendari del 2011. Poi tanti concerti. Nell’estate del 2012 lanciano Meno male Robertino, il singolo di apertura dell’omonimo album, che invece è stato distribuito nel 2013.
Meno male Robertino è un ambizioso cocktail musicale. I tre ingredienti di base sono folk, pop e reggae. La prima parte dell’album è tutta in italiano, nella seconda c’è anche il dialetto. I VillaZuk utilizzano un linguaggio ricercato e pieno di metafore per raccontare una società stanca, affannata e imbrigliata in una serie di vecchie convenzioni che limitano la libertà espressiva degli esseri umani. Il risultato è notevole, ma richiede più di un ascolto. Non è facilissimo seguire il discorso che si sgomitola nota dopo nota.
Tutt’uno apre l’album con una sequenza di chitarra molto danzereccia, poi d’improvviso la voce di Domenico Scarcello compare su due strofe reggae. Una terza sequenza in stile decisamente cantautoriale. E un ritornello pop, il più pop di tutto l’album. Poi di nuovo reggae, e si ricomincia. Tutt’uno è una chiara dichiarazione d’intenti. Riassume perfettamente le ambizioni musicali di questi tre talentuosi musicisti. Il testo è un invito ad abbandonare nomi e categorizzazioni per riscoprire la concretezza della condizione umana. Una rivoluzione che spazza via le differenze e il desiderio di distruggere ciò che c’è all’esterno, che sia la natura o che siano altri uomini.
Mondo favola è un brano particolare. E’ un racconto simbolista musicato in maniera molto elegante, tra filastrocca e commedia musicale. L’idea è quella di un cantastorie interrotto da una voce lirica femminile. Questo genere non è nuovo nel cantautorato italiano, soprattutto in quello degli anni ’80, ma qui i VillaZuk lo portano all’estremo, forse esagerando un po’. Le immagini che si susseguono in sei minuti e mezzo sono tantissime ed è difficile raccogliere immediatamente il capo del filo che le unisce. D’altra parte va però riconosciuto che oggi pochi riuscirebbero a musicare un testo del genere, e pochissimi riuscirebbero a scriverlo.
I brani in dialetto non stonano con gli altri, anzi contribuiscono ad arricchire i sapori di questo piacevole incrocio musicale. Si guardu fora è una canzone intensa sulla condizione dei carcerati. E’ probabile che l’ispirazione sia venuta ai VillaZuk dopo aver tenuto un corso sulla scrittura delle canzoni nel carcere di Cosenza, all’inizio del 2011. E si fiss è un brano reggae molto gradevole, con un ritornello orecchiabile e rassicurante. I VillaZuk sono giovani, e giovane è la loro band. Nonostante ciò dimostrano una grande sicurezza musicale. Passano con disinvoltura da un genere all’altro e non c’è mai niente fuori posto. Scrivono testi di ottimo livello e utilizzano un lessico insolito, molto ricercato. Una band già matura e pronta ad affrontare qualsiasi sfida musicale. Che non ha tradito le aspettative create dal successo immediato del primo brano. Riuscendo perfino a migliorarsi.