La frequentazione assidua con il mondo dei videoclip, per i Metallica comincia con il “Black album” del 1991. I primi lavori della band losangelina non si servono del formato a scopi promozionali, anche quando passeranno dalla Megaforce alla Elektra per la realizzazione di Master of Puppets. Il videoclip di debutto sarà “One“, brano tratto da …And Justice for all. Scelta del tutto atipica se si considera la durata del brano, vicina agli otto minuti e l’utilizzo di una performance filmata in un bianco e nero molto contrastato, montata quasi fosse la rimusicazione di un film muto. Ma le immagini non sono quelle del cinema delle origini, anche se il risultato va in quella direzione, perché provengono da E Johnny prese il fucile, l’unico film diretto dallo sceneggiatore statunitense Dalton Trumbo nel 1971, di cui saranno utilizzate per buona parte le sequenze girate in bianco e nero, esaltandone la qualità aurorale e vicina al cinema prima dell’avventura sonora. La clip fu realizzata da Bill Pope e Michael Salomon, ma originariamente fu chiesto a Wayne Isham di dirigerla.
Isham, attivo dalla seconda metà degli anni ottanta e assiduo collaboratore di Bon Jovi e Mötley Crüe, è il classico e onesto artigiano di era catodica che sfrutta spesso footage live o la ricostruzione di set ispirati all’esperienza dal vivo, con qualche brillante eccezione, come il video di Heat of the Night diretto per Bryan Adams. Quando i Metallica si rivolgeranno a lui per “One”, Isham, fan assoluto della band, non si sentirà pronto e rifiuterà l’offerta. L’occasione si ripresenterà per “Enter Sandman“, primo estratto dal “Black Album” del 1991 e primo capitolo di un lungo sodalizio tra il regista e i Metallica.
Now I lay me down to sleep,
I pray the Lord my Soul to keep
If i die before I ‘wake,
I pray the Lord my Soul to take.
La genesi del brano, soprattutto per quanto riguarda l’ispirazione letteraria e lo sviluppo delle liriche, è una combinazione di elementi culturali che pur riferendosi direttamente alla rilettura Hoffmanniana de “L’uomo della Sabbia”, traspone quelle suggestioni dalle parti del racconto a veglia o della filastrocca per bambini di tradizione anglofona. Sicuramente il riferimento a “Now i lay me down to sleep“, nenia del diciottesimo secolo e topos ricorrente nella cultura letteraria e cinematografica statunitense, Wes Craven incluso, ma anche lo stesso video di Isham, dove la connessione esplicita con Dream Angus, figura del folk scozzese ispirata al Mago Sabbiolino che sparge granelli iridescenti sul sonno dell’infanzia, diventa l’innesco visuale per tutta la dimensione onirica della clip. Una versione apparentemente più morbida rispetto al traumatico carosello di accecamenti che attraversa il racconto dell’autore di Königsberg. Lo stesso testo scritto da James Hetfield, sarà luogo di una disputa accesa con il produttore Bob Rock e il batterista Lars Ulrich, che costringeranno l’autore ad ammorbidire l’idea originaria, legata inizialmente alla cosiddetta morte in culla, ovvero la Sindrome della morte improvvisa del lattante. Meno diretto e più astratto, “Enter Sandman” diventa un’elegia dell’oscurità, dove la genesi degli incubi infantili viene assorbita da una rappresentazione della morte associata al deperimento senile e assegnata al volto dolente di Robert Golden Armstrong Jr, caratterista americano, noto per aver interpretato figure inquietanti e violente in numerosi western dagli anni sessanta in poi e alla generazione catodica che divorava horror negli anni ottanta, per aver prestato il volto a Lewis Vendredi, nella serie televisiva ispirata a Venerdi 13.
Per realizzarlo, Isham chiede a ciascun componente della band di raccontare i loro incubi ricorrenti, le paure ancestrali, le ossessioni oniriche che si portano dietro dall’infanzia. Lo racconta anche in uno degli episodi di Video Killed the Radio star, la serie televisiva dedicata al making of dei video musicali “classici”, prodotta da Sky a partire dal 2009.
Girato nello stesso palco dove i Metallica stavano ultimando il missaggio dell’album, recupera in un certo senso lo stile di “One” per quanto riguarda la registrazione della performance, rendendola ancora più simbolica ed “espressionista”, e soprattutto collocandola nella stessa posizione narrativa rispetto all’immaginario del video. I Metallica diventano storytellers, come accadeva per esempio con la presenza costante dell’artista all’interno della narrazione nei video di Tom Petty, e dispiegano la sequenza di incubi infantili che promanano, come le loro sagome, dall’oscurità.
Da “One” e dalla scansione onirica del film di Trumbo, “Enter Sandman” preleva molte suggestioni: il letto, il sogno di una vita mai stata, l’incubo della realtà, la visione della propria morte.
L’utilizzo intensivo dell’illuminazione strobo, nient’affatto rara nei video degli anni novanta, viene sfruttato per infondere una qualità transitoria alla stessa performance della band. Aspetto che serve ad esaltare l’incedere tribale del brano, ma che trasforma la presenza stessa degli artisti in un elemento puramente visuale di natura ritmica e allo stesso tempo, psichica. Del resto, i colori, le forme che si disintegrano all’interno dell’evento luminoso, i contorni che sembrano lasciare una traccia nel buio dopo la loro dissoluzione, ben si inseriscono, con mezzi diversi, in quegli sconfinamenti tra video-arte e videomusica che già erano stati al centro degli esperimenti di videopittura con il Paintbox della Quantel oppure in video seminali come Ashes To Ashes, clip tra le preferite dallo stesso Isham.
Isham è un videasta più tradizionale e lontano dalla videopittura elettronica, ma il “drop” dei fotogrammi che crea un movimento simile allo stop motion, si riflette sulle immagini narrative del video, creando un piccolo saggio, involontario o meno, sulla qualità labile dell’immagine televisiva. L’immaginario è quello cinematografico che parte dal decennio precedente, in un digest “di genere” esplicito, ma che riesce a stilizzare nel formato breve, l’essenza puramente illuminotecnica e ritmica di una fata morgana inquietante. Lo stesso volto dell’allora settantaquatrenne Robert Golden Armstrong Jr., “mostrificato” da una prostetica che accelera il tempo biologico, si sostituisce ai villain mascherati e impalpabili del cinema horror, con una riappropriazione identitaria ed esplicitamente fisica del concetto di paura, legata in fondo al deperimento fisico e mentale. Fortunatamente, non è chiaro nel video chi sia il sognatore e chi l’attore del sogno; se un bimbo che vede la propria morte, o un anziano che osserva a distanza l’infanzia di un tempo.