MGMT, il terzo lavoro dell’omonimo duo statunitense, è un complesso ed enigmatico concept album in cui i testi visionari di Andrew Van Wyngarden invadono la scena, lasciando poco spazio alle melodie accattivanti cui ci avevano abituati.
Se il secondo album, “Congratulations“, aveva trascinato i milioni di fan incantati dallo spensierato pop psichedelico degli esordi in un tortuoso viaggio acido, al punto che molti avevano parlato di “suicidio discografico” dei due ragazzi di Brooklyn, l’ultimo album va oltre. I testi sono ancora più complessi e le musiche orecchiabili che avevano portato il primo disco in vetta alle classifiche di mezzo mondo sono scomparse. Le parole e i suoni elettronici hanno preso il sopravvento.
Sono passati solo otto anni da quando gli MGMT hanno inciso il loro primo EP. “Questa è la nostra decisone, vivere in fretta e morire giovani. Abbiamo la visione, ora divertiamoci un po’! Si, è travolgente, ma cos’altro potremmo fare? Accettare di lavorare negli uffici e svegliarci la mattina per fare i pendolari?“. E Andrew e Ben oggi hanno appena trenta anni. Eppure quella frenesia di vivere, a tratti semplicemente provocatoria e a tratti davvero incontenibile, ha lasciato il posto a una incredibile disillusione. “Dì a tua moglie che questa è la tua vita, la tua vita è una menzogna, questa è tua moglie, ora lei lo sa, ora lei capisce, la sua vita è una menzogna, nessuno vince, cerca di non piangere, sopravviverai per conto tuo”.
Del cinico e spensierato edonismo degli esordi non c’è più traccia. Nel loro singolo di maggior successo, Time to Pretend, un Andrew ventiduenne cantava “ma non c’è davvero nulla, nulla che possiamo fare. L’amore deve essere dimenticato. La vita può sempre ricominciare daccapo. Le modelle avranno figli, noi otterremo un divorzio. Troveremo ancora altre modelle. Ogni cosa deve seguire il suo corso”.
A otto anni di distanza, in I Love you too, death, Andrew invece confessa: “metti la tua mano vicino la mia, se c’è un dito che posso stringere rassicurami per davvero, il mio è un cuore nero che tu potresti lanciare, io sono riuscito ad accettare quello che ho”.
Dal punto di vista sonoro MGMT è un album elegante e ricercato. Emerge chiaro il grande lavoro di sperimentazione musicale che ha permesso al gruppo di declinare la psichedelia pop delle produzioni precedenti in una chiave elettronica dove tutti gli elementi sono perfettamente dosati.
Merito anche di Dave Fridman, il produttore che aveva accompagnato Andrew e Ben nella realizzazione del primo album, Oracular Spectacular. Sostituito da Pete Kember in Congratulations, e poi recuperato per la terza e ultima fatica discografica.
Di sicuro MGMT venderà meno dei due album che l’hanno preceduto. E questa scelta, artisticamente radicale, resta probabilmente la cosa più sorprendente dell’intera operazione discografica dei due talentuosi ragazzi di Brooklyn. Gli MGMT hanno concesso il loro nome a quello che fin qui sembra essere l’album migliore dellla loro carriera.