Generata in emisfero fantastico, forse più vicino ai proliferi racconti avvolti dalla nebbie di Avalon, Miss Kenichi si rivela una scoperta virtuosa, un regalo per gli ascolti proveniente direttamente dalla Germania. Giunta con The Trail al terzo album, Miss Kenichi dipinge con i colori di un twee pop diafano concedendo qualche sbavatura al flauto traverso e alle percussioni.
The Trail è un album dalla pressione bassa e dai ritmi agricoli dove imperversa l’incedere lento e pesante e le undici tracce scorrono sotto il segno dell’affaticamento; Bobby Bacala trascina gli zoccoli piegato dalla gravità dei tamburi, Tale Of Two Rivers riprende fiato in sincronia con il mantice della fisarmonica e The Trail macina il riff circolare della chitarra. Ma The Trail è un album lavorato a dritto e rovescio che dimostra la sensibilità di una musicista che, seppure giovane, mette in evidenza scelte di gusto e finezza compositiva. Miss Kenichi non s’ingarbuglia in un minimalismo dark-folk dai gusti nordici, ma procedendo nell’ascolto, The Trail si arricchisce di nuove sfumature accogliendo all’interno della sua trama scarna aperture fresche e vitali. Ne è esempio il mutare di The Ghost taccia costruita all’inverso dove la strofa pacata al limite dell’acustico prende il posto centrale del ritornello lasciando alle percussioni il compito di aprire e chiudere con fare cardiaco gli estremi del brano. O ancora, la declamazione limpida di Dream incorniciata da un poderoso scambio di fiati che duetto con la voce gradevole di Miss Kenichi.
Anticipato dal video del pezzo Who Are You, The Trail è un album completo, mai scontato o prevedibile ma, al contrario, una scoperta insospettabile nel contesto a volte ripetitivo e autoreferenziale del folk di casa nordica.