Marco Brancato è un illustratore e animatore dal grande talento stanziato a Bologna. Oltre alle collaborazioni editoriali, parte del suo lavoro si è sviluppato intorno alla realtà discografica italiana con la realizzazione di artwork e videoclip.
Sue le belle animazioni per Siberia (Patria), MadKin (Cronico), G.N.O. (Sfortuna).
Diplomato all’ISIA di Urbino (2014) pratica un’animazione “freeform” legata alla costante mutazione del tratto e alla sua essenzialità dinamica, che per alcune ragioni ricorda, solo attitudinalmente, la terza generazione dell’animazione ungherese, quella a partire dagli anni settanta che ha consacrato autori come Marcell Jankovics, a cui Brancato ovviamente aggiunge un’originale concezione del tratto, contaminazione di molte suggestioni, tra cui quella dell’arte “primitiva” e di ciò che ne rimane negli interstizi urbani della street art.
Con i Mòn ha stabilito una collaborazione destinata a continuare, come ci ha rivelato in questa intervista, realizzando il video per Lungs, brano tratto dall’album Zama, pubblicato dalla benemerita Urtovox Records e per il quale lo stesso Brancato ha realizzato anche l’artwork.
Il sodalizio è uno dei più stimolanti visti in Italia negli ultimi anni perché non limita il videoclip in quella dimensione ancillare spesso aggravata da una stampa disattenta alle contaminazioni artistiche e modellata sui vecchi vizi delle riviste di settore, né piega il linguaggio alle posture degli “scemi che si muovono” di cui parlavamo qualche tempo fa.
In questo senso l’animazione, che ha rappresentato il cuore pulsante della relazione tra promozione della musica e immagine, come raccontavo in questo workshop, si rivela il crocevia più importante per il futuro creativo della stessa videomusica.
Impossibile quindi parlare di Lungs senza raccontare il suo video, come è altrettanto difficile a questo punto, scindere il post rock evocativo della band romana da queste bellissime immagini, sinfonia di suoni e colori, musica che si può vedere.
Dopo il videoclip, una conversazione con Marco Brancato che ci racconta le fasi di lavorazione del video.
Mòn – Lungs – Official video – Dir: Marco Brancato
Come si è sviluppata la collaborazione con i Mòn, per i quali oltre al video di Lungs hai realizzato anche l’artwork dell’album?
La collaborazione è iniziata grazie a loro che, pur cercando già da tempo una “identità disegnata”, mi hanno scovato in circostanze totalmente fortuite. Poi è stato tutto molto naturale, quasi si trattasse dell’inizio di un amore (in fondo di amore si tratta). Loro sono impazziti per me e io per loro. Da lì l’idea di lavorare insieme è venuta da sé. Abbiamo iniziato con l’artwork e con l’immagine con la quale vestire ogni aspetto della band, dai social al merchandising, mi sono occupato anche del loro logo.
Successivamente il video che con nostra gioia ha riscosso un bel successo ed è stato premiato quest’estate al Gargano Film Fest come miglior videoclip musicale.
Come è nato il concept del videoclip, puoi raccontarcelo?
Il concept del video nasce da una costola di quello dell’artwork. Insieme abbiamo pensato che potesse essere interessante fare dei chiari rimandi all’artwork che pure è totalmente illustrato. Così proprio attorno alla cover del disco e alla pagina di booklet contenente il brano “Lungs” si sviluppano concept e storyline del videoclip. È ovviamente pieno di riferimenti al testo ma attraverso un’altra chiave di lettura, l’obiettivo era essere pertinenti ma non didascalici, l’uso della metafora in questo caso ha aiutato molto.
L’acqua è il luogo dove i polmoni (lungs) sono inutili e il contesto acquatico si è da subito rivelato puntuale per le cose che volevamo raccontare. Quel che ne è venuto fuori è un viaggio metaforico dove il reale diventa surreale, il sogno può diventare incubo, sé stessi il mare in cui nuotare o annegare. Tutto è bello e pericolosamente letale allo stesso tempo, proprio come il mare e proprio come le persone. È la storia di un conflitto interiore, del cadere dentro sé stessi e del bisogno di respirare. È la storia di una bizzarra figura che indossa un teschio d’elefante, feticcio a metà tra un visore virtuale e una maschera da palombaro, che ci risucchia al suo interno.
Quali sono stati i tempi di realizzazione?
I tempi di realizzazione per l’animazione tradizionale non sono mai abbastanza per chi anima! È un lavoro duro per il corpo e la mente e necessiterebbe di calma zen senza eccessive ansie sulle deadline. L’ideale sarebbe: io disegno, quando finisce finisce. Purtroppo, come molti miei colleghi sanno, non è sempre possibile o forse dovrei dire QUASI MAI. Nel caso di Lungs sono stato abbastanza fortunato perché ho avuto circa due mesi, anche se ne avrei voluti comunque altri due.
Con quali modalità si verifica il passaggio da illustrazione ad animazione nel tuo lavoro?
Il mio modo di vedere le cose rimane lo stesso che stia facendo animazione o illustrazione, ma cambia una cosa fondamentale: quello di pensarle. L’animazione al contrario dell’illustrazione impone l’obbligo di pensare in movimento. Il mio singolo frame verrà osservato per una frazione di secondo e solo in relazione a quello precedente e a quello successivo, solo così ognuno di quei piccoli soldati vale qualcosa. L’illustrazione fissa invece, sarà osservata per un tempo che può essere lunghissimo e deve esprimersi tutta sulla stessa superficie perché non avrà altre possibilità di comunicarsi.
Ci sarebbe anche da analizzare la via di mezzo che è l’immagine fissa ma in sequenza come quella del fumetto ma non voglio annoiarvi troppo. Quello che intendo dire è che da questo semplice e ovvio concetto delle diverse modalità di fruizione si capisce che le necessità e gli approcci sono radicalmente differenti a seconda del medium espressivo. Ciò a cui personalmente punto è tenere il più uniforme possibile la percezione degli elaborati finali non la loro progettazione.
Quali sono i principi che muovono la tua animazione. Intendo dire tecniche, scelte e riferimenti?
L’animazione conta tantissime tecniche, per ora mi servo principalmente di quella che conosco meglio che è quella tradizionale, da non confondere con il rotoscope, sempre tradizionale ma che si basa sul ricalco di un girato sottostante e che personalmente non prediligo (n.d.r. per approfondire alcune cose sulla tecnica del rotoscope l’ultimo lavoro di Andrea Mastrovito, di cui abbiamo parlato recentemente su Indie-eye Cinema è realizzato proprio con questa metodologia)
Essendo un “one man show” che nella maggior parte dei casi non può disporre di altri collaboratori, il mio lavoro si colloca nel cosiddetto cinema d’animazione poetica. Una tipologia di animazione dal processo molto veloce e immediato che non ha bisogno necessariamente di grandi team. Spesso questo linguaggio rispetto alle animazioni delle grandi produzioni presenta un effetto volutamente più impreciso e gestuale che appunto conferisce poesia alla narrazione. Tecnicamente questo effetto è dovuto anche alla riduzione di disegni contenuti in un secondo di video, ripetendo quindi lo stesso disegno per più di un frame. Il processo è chiamato in gergo “passo 2” o “passo 3” etc. a seconda di quante volte si ripete lo stesso disegno.
Ad ogni modo tendendo sempre alla sperimentazione e all’arte di imparare, sogno di riuscire a padroneggiare anche gli strumenti di animazione digitale di cui ho assaggiato le enormi potenzialità durante gli studi e che attualmente offrono i più disparati software. Continuo a dirmi che un giorno avrò il tempo necessario per farlo e un po’ ci credo in fondo.
Storicamente l’animazione italiana è una delle più importanti e creative, ma ha dovuto fare i conti con un mercato, come quello interno, poco ricettivo, costringendo gli artisti a rivolgersi fuori dai propri confini. Hai realizzato alcuni videoclip. Il formato per te offre possibilità alternative rispetto a quello più tradizionale del cortometraggio?
Decisamente. Essendo abbastanza d’accordo sulla ”ostilità” del mercato cinematografico italiano, a mio avviso il videoclip musicale può offrire agli animatori una valida alternativa per diversi motivi. L’arte come la natura ci insegna che dove c’è contaminazione nascono cose belle. Il binomio musica-disegno è una formula vincente da sempre, quindi dal punto di vista artistico ed espressivo credo sia anche inutile parlarne. (n.d.r. abbiamo approfondito la relazione storica tra animazione e promozione musicale con lo speciale Videoclip: testo, segno, movimento e ritmo. Animazione e promozione musicale )
Ciò su cui magari ci si può concentrare sono gli aspetti professionali: permette di affrontare e quindi imparare a gestire nuove problematiche, dovute anche alla presenza del suono protagonista e non più colonna sonora; consente di imparare a lavorare e a progettare per qualcosa che già esiste e che con questa deve funzionare sotto tutti i punti di vista (se il cortometraggio è arte il videoclip è arte applicata);
come tutte le collaborazioni presenta il vantaggio promozionale per ambo i lati;
le due forme espressive godono di quel valore aggiunto che come ho già detto è indiscutibile, sempre che si tratti di alta qualità su tutti e due i fronti; ci si diverte tantissimo e si conoscono persone folli come i musicisti, questa forse avrei dovuto metterla in cima alla lista.
A quali animatori italiani ti senti più vicino?
Non so cosa si intenda per “vicino”, io comunque guardo a molti autori sia italiani che stranieri. Ovviamente quelli che sento più vicini sono quelli che lavorano al mio genere di cose, ciò non toglie che anche a me piaccia un casino la Pixar ecco. Se si parla di italiani quelli a cui sono più attaccato sono senza dubbio Simone Massi, Blu (che è uno street artist ma per i suoi video lo reputo animatore) e Gianluigi Toccafondo, quest’ultimo mio ex docente e amico, al quale forse devo tutta la mia passione per la disciplina. Attenzione: a questi tre vicino non mi ci sento proprio per niente! Loro sono leggende, il mio è più un “chi vuoi essere da grande”.
Le forme che indaghi, che muovi e che plasmi sembrano procedere a partire dai tratti universali dell’arte tribale. È corretto?
È in parte corretto si. L’iconografia tribale è parte della mia ricerca e spesso mi ritrovo ad indagarla. Graffi, incisioni e forme essenziali che possiedono un potentissimo impatto visivo e al contempo un’eleganza e un’armonia formale per me incredibile. Non è raro che si rintracci in miei disegni connotazioni tipiche di murali primitivi o di maschere tribali e di diverse culture. È una sfera che anche inconsciamente mi affascina da sempre e con la quale cerco di contaminare le altre numerose fonti da cui attingo che sono più tradizionali come la storia dell’arte del novecento, il cinema o le innumerevoli fissazioni di ogni genere (temporanee e non) che quasi tutti gli autori hanno.
Progetti per il futuro?
C’è parecchia carne al fuoco. Di animato posso dire che sto rispondendo a queste domande proprio durante una pausa dal nuovo video a cui sto lavorando. Sto sperimentando molto e sarà una cosa un po’ folle che presto uscirà sempre per i nostri Mòn. La collaborazione stavolta vuole un’altra collaborazione al suo interno che è quella con il giovane e talentuoso videomaker Michele Manca. La cosa è molto stimolante, abbiamo scritto e girato insieme il film e per farlo ci siamo letteralmente dati all’eremitaggio su una montagna. Ora io mi sto dedicando anche all’aspetto animato che prevede un eremitaggio a base di pantofole e té. Non dico altro, il resto è una sorpresa. Per il futuro prossimo ho grandi e piccoli progetti editoriali in cantiere, fumetti e libri. Vorrei solo fermare il tempo se fosse possibile, si può?