Inutile girarci intorno, i primi cinquanta secondi di Pendulum, se ascoltati con le bende sugli occhi, potrebbero essere scambiati per un out-take degli ultimi Fleetwood Mac, quelli più sbilanciati verso la carriera solista di Stevie Nicks; gli anni ’80 dei Pure Bathing Culture sono questi in fondo, a poco serve trovarci un distillato della solita Wave che conta, quella fighetta tornata di moda, perchè la creatura di Daniel Hindman e Sarah Versprille sembra muoversi benissimo tra le memorie di quel pop da classifica romantico, immediato, appiccicoso, malinconico che adesso ruota liberamente su alcune televisioni tematiche e un tempo finiva nelle raccolte della k-tel, stiamo parlando di nomi come Christopher Cross, la Pat Benatar più crepuscolare, quella della bellissima “Painted Desert“, i Prefab Sprout prodotti da Thomas Dolby e molti altri frammenti dai quali il duo di Portland sembrerebbe trarre diretta ispirazione per Moon Tides, il loro album di debutto, se non vi fossero in realtà altri elementi a complicarne la lettura.
Nati nel 2009, i Pure Bathing Culture si incontrano per la prima volta durante un tour insieme ai Vetiver per i quali lavorano come turnisti, e scelgono successivamente il nome, dopo una permanenza nel complesso termale Svizzero di Therme Vals, progettato da Peter Zumthor; un contrasto apparente con il titolo della loro prima raccolta, più orientato a suscitare sensazioni lunari, in realtà totalmente in linea con l’atmosfera di quel pop di cui si diceva, sempre in bilico tra la malinconia e la luce perenne di un sole catodico che irradiava un calore intangibile attraverso i videoclip prodotti durante quel periodo; in questo senso la musica di Daniel e Sarah ne coglie perfettamente lo spirito più intimo e non sfigurerebbe come colonna sonora per le giornate spese in un centro benessere.
Moon Tides è filologicamente ineccepibile nel riprodurre quell’impasto sonoro tra synth e chitarre come base sulla quale sviluppare una scrittura cristallina ed elegiaca, dove la voce tende a smaterializzarsi in una dimensione remota e allo stesso tempo viene potenziata dal volume artificiale dei cori; l’obiettivo è attrarre l’ascoltatore in una dimensione tra sonno e veglia, immergerlo in una metafisica sintetica, indotta artificialmente dall’uso massivo di riverberi e risonanze.
Un suono che da una prospettiva critica ancorata a griglie e schemi potrebbe essere definito come “ultra-datato” ma che ha ormai assunto una forma quasi classica per la sua immediata riconoscibilità, potere astratto della memoria che giocando con il tempo, lo colloca in uno spazio che ci sembra preciso ma in realtà lo descrive a partire dalla sua inafferabilità, perchè al di là di qualsiasi snobismo, i Pure Bathing Culture concepiscono la loro musica come un piccolo dispositivo sinestetico, una terapia simbolica ed esperienziale che ti conduce in un viaggio verso “casa”; come sia fatta e dove sia, non ha molta importanza.
I testi di Moon Tides confermano questa sensazione per il modo in cui Sarah Versprille li lega ad un’immaginario quasi esoterico , il cui oggetto sembra proprio la definizione del Tempo come oscillazione interiore : “Then I feel no feels | Whispering in every since | And I’ll gona see you like a pendulum“
Ecco perchè il suono dei Pure Bathing Culture, combinando gli elementi e il linguaggio di una cultura Pop ben delineata con uno sguardo trasversale, riesce a inventarsi un viaggio di andata nel tempo riattualizzabile all’infinito; il ritorno è quello del processo emozionale durante una qualsiasi sessione di ascolto, a cui Daniel e Sarah sono consapevolmente interessati: “Autorealizzazione, misticismo, simbolismo esoterico, tutti elementi connessi con gli essere umani e che danno il senso della nostra presenza; siamo profondamente ispirati dalla relazione tra la luna e le maree; è la dimensione acquatica che per noi è associata all’emozione“
Fa una certa impressione allora, il recupero sonoro di una stagione quasi sempre associata ad un’edonismo sfrenato, all’assorbimento di tutte le utopie in una macchina celibe e industriale come quella del pop di trent’anni fa, per riscoprirne un’essenza diversa e inedita, attraverso un’operazione che ha quasi le caratteristiche eterotope del racconto Zen: “Evergreener, no-one follows, as you wander, violets turn to snow, but you already know“
Il sole lontano e inafferrabile dei Pure Bathing Culture, alla fine si inabissa nel mare, Temples of The Moon, la traccia conclusiva, è un’intensa immersione subacquea; regolata da un ossessivo battito cardiaco è forse l’episodio che si avvicina più di altri ad alcune produzioni 4AD e ai Cocteau Twins più pop, anche se la Versprille imposta la voce in un modo completamente diverso da quello di Liz Frazer, mantenendo salde le redini di un progetto che ha le caratteristiche ambigue e stimolanti di una piccola macchina del tempo.
[soundcloud url=”http://api.soundcloud.com/tracks/92326984″ params=”” width=” 100%” height=”166″ iframe=”true” /]