Ad un anno da Ode Road di cui abbiamo parlato qui su indie-eye , il duo composto da Francesca Pizzo e Angelo Casarrubia torna a far parlare di sé con N°7. Abbiamo conosciuto i Melampus avvolti nelle nebbie di Avalon delle loro sonorità a metà fra il dark e il new wave, ed è un piacere ritrovare quella stessa atmosfera nella nove tracce di N°7. Il dialogo essenziale fra batteria, tastiere e chitarra, trova la perfetta sintesi nell’algida discrezione della voce di Francesca Pizzo tanto che, minuto dopo minuto, l’album assume i connotati di un concept.
Partendo da Warehouse, prende il via lo scorrere ipnotico dell’album dove il minutaggio spesso e volentieri si contrae fino all’osso lasciando intravedere l’impalcatura essenziale e anoressica delle tracce. Pur non rinunciando a quel machiavellismo melodico che tanto aveva dato in Ode Road, N°7 si rivela un lavoro sintetico, particolarmente asciutto che recide ogni struttura ornamentale in favore dell’essenza. Solo il riscorso frequente agli effetti di amplificazione vocale e l’aggiunta di una cospicua eco contrasta col rigore cluniacense che permea l’album. Si prendano Hungry People o Guardians come migliori esempi di questa resa. Tuttavia è il campionario di sfumature sonore che impreziosiscono l’album in ogni suo aspetto; la wave umorale di The Gun, le volute trasognanti di Hungry people, la declamazione egra di 7 Stones, peraltro punta di diamante dell’intero album dagli spiazzati richiami alla Nico di Desertshore. Amniotico e fluido, N°7 premia la costanza dei Melampus, ripagandoli di una scelta che se non fosse maneggiata con cura rischierebbe di essere ostica.
Se nella tradizione il numero 7 corrisponde alla ricerca introspettiva e all’aspirazione alla saggezza, i Melampus non sono stati male ispirati da questa indicazione. Tutt’altro. N°7 segna una progressione più che positiva nel percorso del duo bolognese.