lunedì, Novembre 25, 2024

Nadine Shah – Fast Food: la recensione

Taglia come un coltello il secondo album di Nadine Shah, non solo per le intenzioni poetiche della songwriter di Whitburn, ma per uno slittamento nettissimo rispetto al debutto, quanto era stratificato, orchestrale e saturo Love Your Dum And Mad, album oscuro ma dal forte impatto, tanto è diretto, scarno e affilato Fast food. Attraversato da un minimalismo blues radicalissimo, essenziale e convergente con quella coltre gotica che rappresentava lo sfondo del precedente lavoro, contiene l’immediatezza pop di alcuni episodi (Fool, Stealing Cars, The Gin One) ma sterza immediatamente verso l’immagine di una crooner dolente e ossessiva, se ci passate il paragone, una Peggy Lee dark, completamente assorbita dal dolore e capace di restituircelo incantandoci come una sirena emersa dal catrame.

Basterebbe un episodio ipnotico e terribile come Nothing Else to do per capire il lavoro di decostruzione sul genere che la Shah sta facendo, al netto dei soliti paragoni che la stampa anglofona tira fuori per tagliar corto e che non ci interessano, il brano passa dalla struttura modale del blues a quella della musica indo-pakistana mentre una sezione fiati contratta e funerea emerge distante; questo scavo sulle tradizioni era già presente nel precedente album, ma nella forma di un orientalismo molto più convenzionale, e se si esclude la cavalcata poliritmica di Washed up, tutti i brani dell’album sono infettati dalla medesima dinamica bipolare, variante creativa e vivissima che consente alla musicista inglese di introdurre paesaggi e sonorità dark-wave (The Gin One potrebbe essere anche un brano di Siouxsie Sioux) senza che risultino riferimenti applicati o citazioni di genere.

Taglia come un coltello si diceva, e arriva a scheggiare l’osso con liriche che girano su se stesse nella forma del maleficio, non è importante capirle a fondo e sviscerarle, perché le dinamiche del cuore che suggeriscono sono quelle febbrili di Divided, brano innervato da un tremolo senza requie e che restituisce quel senso di intossicazione legato al rapporto amoroso, di cui Nadine fa un ritratto spietato fino alla disperazione più cupa; There was nothing else to do but fall in love.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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