Non chiamatelo supergruppo.
E’ bene liberare il campo da ogni dubbio e da qualsiasi facile etichetta, spesso troppo abusata in campo musicale quando un numero di musicisti già famosi decide di unire le forze per progetti (estemporanei o meno) che esulano dai rispettivi ambiti di provenienza.
“Inflamed Rides”, opera prima degli O.R.k., rischia di dare il fianco ad una definizione di questo tipo, e basta dare un’occhiata ai nomi coinvolti per rendersene conto: Pat Mastelotto, drummer tra i più famosi della scena contemporanea, in seno dagli anni ’90 ai King Crimson e ai King Crimson ProjeKcts; Colin Edwin, elegante bassista, colonna portante dei Porcupine Tree e recentemente anche negli Obake, gruppo, quest’ultimo, condiviso con Lorenzo Esposito Fornasari che ritroviamo alla voce, alle tastiere e all’elettronica anche in questi O.R.k; infine, un personaggio che forse non ci si aspetterebbe calato in un contesto del genere, ovvero Carmelo Pipitone dei nostrani Marta Sui Tubi alla chitarra.
E’ facile verificare, considerati i musicisti in gioco, l’ampio raggio di potenziale esposizione per un ventaglio di pubblico che va dal prog rock, al metal, al jazz più d’avanguardia, fino al rock italiano di matrice più o meno indipendente. In termini espressivi questa fusione è del tutto positiva, alimentata com’è da un eclettismo mai fine a se stesso e da una forte empatia musicale che fa da fil rouge tra i diversi ambiti di provenienza.
Un legame inizialmente stabilito in Italia, grazie all’antico desiderio di Lorenzo Esposito Fornasari (aka Lef) e di Pipitone di collaborare insieme, arrivando a curare in prima persona la produzione e il mixaggio di “Inflamed Rides”. Il coinvolgimento degli altri musicisti è stato del tutto naturale, visto che Lef collaborava già con loro, mentre per arrivare alla pubblicazione del prodotto finale, uscito lo scorso ottobre, ha contribuito una campagna di successo condotta attraverso i canali di Musicraiser ed infine la distribuzione europea con marchio Cargo UK.
Nazionalità differenti, pubblico, modalità di produzione e finanziamento: gli O.R.k. sembrano voler mettere in evidenza i caratteri di pluralità e apertura della loro musica. Tutto ciò si riflette anche nella proposta musicale vera e propria, costituita da un melting pot di generi, stili e sonorità che trova il suo comune denominatore in quella tipica attitudine crossover che non perde di vista la forma-canzone neanche per un secondo.
Sin dalla copertina, gli O.R.k. intendono la loro musica come un circo, costituito quindi da saliscendi emozionali, allusioni sonore sotterranee e apparenti contrasti, il tutto accompagnato da un retrogusto per l’assurdo che vede le undici tracce attraversate da un velo d’inquietudine.
Divertendosi a dissezionare il corpo sonoro e stilistico di “Inflamed Rides”, si potrebbero ritrovare tre filoni che come vasi sanguigni s’intrecciano dando linfa alla musica dell’album: il già citato crossover, quello in particolare dei Faith No More, Primus e del primo omonimo Mr. Bungle; una versione scarnificata e al passo coi tempi del prog-rock, attraverso un minutaggio senza particolari eccessi e dove sono preponderanti sentimenti come malinconia e tristezza sulla linea dell’universo poetico-narrativo di band come Porcupine Tree, Riverside, Amplifier, Gazpacho, The Pineapple Thief.
Dal filone appena individuato si risale al più evidente, ovvero il solco tracciato dai King Crimson sin dagli anni ’80 con “Three Of A Perfect Pair”, continuato nei ’90 con “Thrak” e portato avanti sino ad oggi con “The Power To Believe”. La bravura dei quattro musicisti è tale da riuscire a gestire una mole di influenze del genere, senza mai scadere nel puro e semplice citazionismo ma rielaborandolo in maniera personale: gli O.R.k. suonano come tutti quei gruppi messi insieme e nello stesso tempo come nessuno in particolare.
I King Crimson più liquidi si palesano sin dall’apertura del disco, con il riff di chitarra a guidare la maggior parte di “Jellyfish” sino all’esplosione metal del finale. La seguente “Breakdown” è il pezzo più rock e anche quello più canonico con meno spunti interessanti: in questo brano, come in tutto l’album, molti ci hanno sentito echi grunge e degli Alice In Chains, così come anche i Tool di “Lateralus”, ma a dire il vero queste influenze rimangono molto marginali e relegate in secondo piano rispetto a quelle sopra elencate. Il meglio di “Inflamed Rides” arriva subito dopo: “Pyre”, “Funfair” e “Bed Of Stones” costituiscono il cuore pulsante del disco, mettendo in mostra la fine capacità di scrittura del quartetto, elaborata senza sbavature.
“Pyre” in particolare, accompagnata anche dal relativo video d’animazione prodotto dalla Oktopus di Nanà Oktopus Dalla Porta e dello stesso Lorenzo Esposito Fornasari, è un piccolo gioiello di malinconia che farebbe gola a qualsiasi gruppo folk, sorretta da un semplice arpeggio di chitarra immerso in echi e riverberi dal tono psichedelico; su tutto il brano primeggia la voce di Lef, capace di dare carattere e spessore ad ogni brano del disco senza rinunciare per un attimo alle sue peculiari caratteristiche vocali; sicuramente, uno dei migliori cantanti in circolazione nell’ambiente underground di cui dovremmo andare maggiormente fieri.
La cavalcata sgangherata e folle di “Inflamed Rides” passa per “No Need” e “Vuoto”, unico brano in italiano e curato nei testi da Pipitone, dove in queste canzoni è immediatamente riconoscibile il tocco chitarristico sbilenco e dissonante che ha fatto la fortuna dei Marta Sui Tubi. Chiude il disco un altro interessantissimo terzetto dai toni più rilassati e con suoni molto dilatati: la king crimsoniana “Dream Of Black Dust”, un mix fra “Discipline” del re cremisi e i Tortoise, “Funny Games”, con la sua rabbia contenuta e inquieta, e “Black Dust”, strumentale dal sapore ambient e dall’atmosfera nebbiosa, impreziosito dalla tromba di Paolo Raineri.
Come ciliegina sulla torta, la versione in formato CD di “Inflamed Rides” si conclude con una bonus track, “The Insignificant”, ottimo remix di “Jellyfish” dal tono electro-industrial ad opera di Coldlight, musicista selezionato dalla band fra i tanti che hanno partecipato al contest che gli O.R.k. lanciarono su Musicraiser per far conoscere artisti emergenti.
In definitiva, l’ascolto dell’album lascia pienamente soddisfatti e appagati come dopo un pranzo sostanzioso senza il rischio di abbuffata. “Inflamed Rides” si muove sempre in bilico fra le sue numerose influenze, divertendosi a scoprire di tanto in tanto le sue carte: gioco sottile di musicisti navigati che neanche si preoccupano di risultare originali nella loro proposta, probabilmente perché spinti in primis da un’urgenza comunicativa che non aspettava altro che venir fuori. Tutto ciò è perfettamente percepibile a chi saprà ascoltare; a tutti gli altri basti sapere che gli O.R.k. hanno già due fan d’eccezione, Robert Fripp e Tony Levin, un tour a partire dal 2016 e future uscite discografiche.
Non chiamatelo supergruppo.
Gli O.R.k. hanno annunciato il loro tour Europeo per febbraio 2016, per una serie di tappe che vanno da Roma a Londra, passando per Olanda, Germania, Austria e Svizzera:
04 febbraio: Roma @ Teatro Quirinetta
05 febbraio: Santa Maria a Vico (CE) @ SMAV
06 febbraio: Bastia Umbra (PG) @ Teatro Esperia
07 febbraio: San Ginesio (MC) @ Teatro Leopardi
09 febbraio: Modena @ OFF
10 febbraio: Milano @ La Salumeria della Musica
12 febbraio: Livorno @ The Cage Theatre
13 febbraio: Ravenna @ Bronson
14 febbraio: Pordenone @ il Deposito
15 febbraio: Kufstein (AU) @ Q-West
17 febbraio: Zoetermeer (NL) @ Borderij
18 febbraio: Karlsruhe (DE)@ Substage
19 febbraio: Baden (CH) @ Kulturbetrieb Royal
20 febbraio: Ahlen (DE) @ Schuhfabrik
21 febbraio: London (UK) @ The Underworld
22 febbraio: Verviers (BE) @ Sprit of ’66
23 febbraio: Kassel (DE) @ Schlachthof
24 febbraio: Cologne (DE) @ Underground
PYRE, il videoclip