giovedì, Dicembre 19, 2024

Omosumo – Surfin’ Gaza: la recensione

Dell’esperienza linguistica folgorante di “Ci proveremo a farci male” nel primo full lenght di Omosumo rimangono solo quattro episodi: la title track, Yuk, dovunque altrove e Atlantico, perchè Surfin’ Gaza adotta l’inglese come veicolo principale per questo viaggio di confine ispirato dal primo film di Alexander Klein “God surfing with the devil”, documento nato dalle iniziative di pace promosse da Surf 4 Peace e Esplora Corps, che individuava nell’attività surfistica un punto di contatto tra Israeliani e Palestinesi nello spazio della striscia di Gaza. Proprio da questo presupposto Angelo Sicurella, Roberto Cammarata e Antonio di Martino introducono il nuovo corso di Omosumo mettendo insieme nove tracce legate tra di loro dalla deriva marina, l’unica possibilità di sopravvivenza alla pesantezza della terra e alle logiche che ne delineano i confini. Luogo del possibile per eccellenza, il mare diventa un crocevia culturale che serve al trio per elaborare un sound legato alle loro origini, in costante dialogo con le radici tribali dell’africa; un’elettronica di ampio respiro quindi, che fa emergere il percorso della bassline e sposta la voce in una dimensione evocativa, con l’inglese che probabilmente consente una maggiore astrazione e una forma fonetica di spessore strumentale; una tendenza che viene comunque conservata anche nelle tracce cantate in italiano, e ben riconoscibile nella splendida title track, dove si privilegia l’essenza materiale della voce invece del peso significante della frase, un lamento tra maschile e femminile e che si confonde tra l’elettricità delle chitarre come fosse il canto lontano di un Griot. Il transito dalla Sicilia al Medioriente è costante nel nuovo lavoro di Omosumo, forse una delle uscite Italiane più convincenti degli ultimi anni; in questo crocevia tra elettronica, ritmi della terra, dub visionario, un pop che privilegia la ripetizione minimale e il groove al racconto melodico, c’è una vitalità del tutto inedita che eleva la cultura house dallo spazio del dancefloor ad un teatro globale dove la contaminazione è un cammino ondivago tra recupero delle proprie radici e perdita della centralità.

 

Donatella Bonato
Donatella Bonato
Veneta, appassionata di tutti quei suoni che alterano la percezione, si è laureata in storia dell'arte nel 2010 e alterna la scrittura critico-musicale al lavoro per alcune fondazioni storiche.

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