Ad esaminare superficialmente gli sviluppi della videografia del sudcoreano Joseph Kahn potrebbe sembrare uno scherzo che il suo primo videoclip sia il brutalissimo “The Basement” girato nel 1990 per la band di Scott Ayers e Bliss Blood.
I Texani Pain Teens, parte della seminale Trance Syndicate, pubblicavano durante quell’anno il loro secondo disco sulla lunga distanza, intitolato “Born in Blood“. “The Basement” è la traccia d’apertura e rappresenta perfettamente la fiera delle atrocità servita dal duo di Houston con inflessibile aderenza all’estetica industrial e al deragliamento psichedelico di scuola texana.
Se l’anno successivo, con il 7 pollici di “Sacrificial Shack“, i nostri si ispirano agli efferati rituali satanisti di Jesùs Costanzo e agli omicidi che insanguinarono il comune di Matamoros, “The Basement” non è meno estremo, perché racconta le torture subite da una ragazza rinchiusa in un seminterrato. Il punto di vista è quello di una morta, come chiariscono le immagini conclusive del videoclip, ma è dalle liriche che possiamo risalire alla sua identità Storica:
“My parents work the carnival
They’re gone till late July“
Figlia di due giostrai, Sylvia Likens fu affidata insieme alla sorella Jenny alle cure di Gertrude Baniszewski nel luglio del 1965. Donna sola, in gravi difficoltà economiche e con già sette figli a carico, Gertrude percepiva dai Likens 20 dollari a settimana per guardar loro le ragazze.
Quando i pagamenti non arriveranno puntuali e i Likens saranno a giro per gli Stati Uniti, cominceranno una serie di umiliazioni ed abusi nei confronti di Sylvia e Jenny, per mano della stessa Baniszewski e dei suoi figli. Intorno a Sylvia in particolare, sarà allestito un vero e proprio teatro dell’orrore, a base di violenza e ripetuti episodi di stupro dove parteciperanno alcuni vicini e gli stessi figli di Gertrude.
Quando Sylvia tenterà di fuggire, le torture aumenteranno, fino alla morte della ragazza, trascinata nel seminterrato dei Baniszewski e uccisa a bastonate.
Dal delitto Likens il cinema si farà ispirare due volte. Nel 2007 con “The Girl Next Door” di Gregory Wilson, liberamente costruito a partire dai tragici eventi di Indianapolis. Tom O’Haver, che nella capitale dell’Indiana è nato e cresciuto, lo stesso anno dirigerà “An American Crime”, costruito intorno alla figura luciferina di Gertrude Baniszewski.
“They held my hands and feet
Put a gag into my mouth
Wrote on my stomach with a needle
“I’m a prostitute and proud“
Il video di “The Basement” circolò pochissimo sulle televisioni tematiche e due anni dopo fu incluso nella compilation che raccoglieva le clip girate per alcune band del roster Trance Syndicate, distribuita in formato VHS con il titolo di “Love & Napalm“.
Bliss Blood interpreta Sylvia Likens, alla regia l’esordiente Joseph Kahn, lo stesso che dirigerà “Toxic” per Britney Spears, “Waking up in vegas” per Katy Perry, “Can’t Remember to forget you” per Shakira, “Out of the woods” per Taylor Swift e “Torn” per Ava Max.
Prolificissimo e dallo stile ipercinetico, Kahn ha diretto anche tre film per il cinema. Il primo è una versione postmoderna e iper-realista di Fast & Furious intitolato “Torque“, uscito nel 2004. Di sette anni dopo “Detention“, una versione ancora più demenziale dei teen horror craveniani sul modello di Scream e recentemente, “Bodied“, film prodotto da Eminem, ancora inedito in Italia, scorrettissimo e con un bel premio ottenuto a Toronto nella sezione Midnight Madness.
Girato in bassissima definizione, probabilmente in Video 8, il video di “The Basement” richiama la sporcizia delle produzioni Trance Syndicate in ambito videomusicale, mai concilianti e destinate rigorosamente a rimaner fuori dall’heavy rotation nazionale. Kahn, che tre anni dopo girerà un video fondamentale per la street culture come “Straight Gangsterism” per i Geto Boys, affronta l’apparente dilettantismo determinato dalla produzione con un forte senso del punto di vista, riferendosi al cinema americano di Serie B, da Corman fino a “Evil Dead” e lavorando con immagini bruciate, virate in negativo e piazzando la videocamera all’altezza del terreno.
Il brano dei Pain Teens, grazie al talento di Scott Ayers nella manipolazione di nastri e campionamenti, fonda quasi un suono tanto industriale quanto legato alla tradizione delle murder ballads. Quel clangore che introduce il brano, si lega alla violenza delle immagini, come all’incredibile frammento conclusivo.
“The Basement” è tutt’ora un video malsano, difficile da dimenticare, come tutte le storie famigliari che celano le origini stesse della violenza. Bliss/Sylvia, ormai già parte del mondo dei morti mentre mima all’infinito il gesto di scavarsi la fossa, ha tutta la forza dirompente di una maledizione che mina il cuore stesso della famiglia americana.