venerdì, Novembre 15, 2024

Paletti – Qui e Ora, l’intervista @ Indie-eye

Partiamo da Qui e Ora, l’album rappresenta il tuo primo disco di inediti che esce per la Sugar, come lo descriveresti?

Qui e Ora è un album di dieci brani che ho scritto durante l’estate e ritrae tutti i cambiamenti che mi hanno riguardato in questi due anni. Il fatto che sia diventato padre, il contratto con la Sugar e altre cose ancora. Una delle intenzioni originarie era quella di fare un disco con il quale trovare un mio stile, un’idea che risale all’EP Dominus. Non mi è mai piaciuta l’idea di somigliare a qualcuno o qualcosa, soprattutto in musica, e al tempo di Dominus c’erano stati diversi parallelismi. Quindi in questi due anni ho cercato di focalizzare la mia identità “artistica” e trovare un mio stile e un equilibrio.

E come hai riversato questa ricerca nella resa dell’album?

Per prima cosa, si è tradotto in un nuovo linguaggio che mira ad un cantautorato più fresco rispetto a quello che siamo abituati a sentire, sia negli arrangiamenti sia nella modalità dei testi. Il disco racconta come sempre di me e di quello che mi sta succedendo nel privato, ma è anche un’osservazione di quello che vedo succedere attorno a me. Barabba, ad esempio, è nata come risposta ipotetica a delle dichiarazioni fatte da Viviana Beccalossi (Assessore al Territorio, Urbanistica e Difesa del suolo della Lomabrdia ndr) in merito ad un fatto di cronaca locale. Convivono due anime: quella in cui racconto me stesso in modo intimo, come Qui e Ora o Avere te, che ripercorre la mia storia di amore con Claudia. E poi ci sono pezzi come Barabba o Valeriana e marijuana e altre.

Per i suoni c’è stata una ricerca particolare?

A livello di sound ho cercato di essere fresco e guardare quanto più possibile all’estero. C’è stata una ricerca sulla qualità del suono direi spasmodica. Il disco doveva suonare nuovo e ardito.

paletti

 

L’album è stato registrato in parte in Germania..

Andare in Germania, presso il Funkhaus Studio di Berlino, è servito a rafforzare il tutto. Si tratta di uno studio della Germania dell’est del dopoguerra, un luogo dall’acustica ineccepibile. A livello tecnico, il disco è stato curato da Matteo Cantaluppi e suona come mai un mio disco ha mai suonato prima d’ora. Credo che il lavoro che abbiamo fatto sul suono non sia stato fatto allo stesso modo in altri dischi. Sapevo bene cosa volevo ottenere e avevo le idee molto più chiare rispetto a prima. I testi avevano già la loro vita e una direzione che Matteo ha compreso bene e ha elevato ancora di più.

Per quanto riguarda l’artwork, come mai la scelta della clessidra?

La clessidra è un oggetto che simboleggia molto il qui e ora, se fai caso a come è stata impaginata, sembra fluttuare nell’aria in mezzo al tempo presente che si sta vivendo ora. Può sembrare una pratica esoterica, forse in realtà lo è, ma alla fine è il succo del lavoro che fa uno che scrive una canzoni. Bisogna assaporare tutto e descriverlo.

Il disco è stato in qualche modo anticipato da una tua collaborazione con gli ex-Otago, cosa mi dici in merito?

Io e Maurizio Carucci degli Ex-Otago abbiamo partecipato ad un’intervista a tre, ci siamo sentiti per predisporla e ci siamo trovati molto allineati su diverse cose. Quando lo scorso inverno ho pensato che mi sarebbe piaciuto intraprendere una collaborazione, il suo nome è stato fra i primi a venirmi in mente. Ci siamo incontrati quest’estate per scrivere e abbiamo poi chiuso un tour di una decina di date.

Paletti__Francesco_DAbbraccio

Di solito la Sugar lavora con artisti già affermati su larga scala, ti hanno in qualche modo influenzato o imposto particolari linee guida durante la stesura dell’album?

No, non l’hanno fatto, mi sono sentito davvero libero. Roberto Gentileschi di Sugar mi ha chiesto di fare qualcosa di nuovo, qualcosa che non fosse standard. Mi ha suggerito di andare a Berlino, di muovermi, di cercare ispirazioni. E io ho preso la palla al balzo. Avevo bisogno di fare qualcosa che fosse nuovo anche per me. Qui e Ora mi ha dato la possibilità di evolvere e di andare oltre i miei soliti schemi e modo di comporre. Direi che è il risultato di un delicato equilibrio. Certo, ho avuto dei momenti di crisi quando scrivevo pezzi in mille modi diversi che sembravano non avere niente in comune. Ci sono state varie fasi molto diverse fra loro, ma poi, magicamente, hanno trovato un loro equilibrio e tutto è andato a posto.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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