giovedì, Novembre 21, 2024

Paolino Paperino Band – Porcellum + Pislas (ristampa): la recensione

Non amo particolarmente le definizioni scontate, ma in questo caso mi tocca usarne una: la Paolino Paperino Band era ed è un gruppo di culto. Partito alla fine degli anni ottanta dalla bassa emiliana, dalle parti di Modena, il quintetto è infatti riuscito a rimanere nel cuore di molti pur con una discografia limitata, un solo disco vero e proprio, Pislas, e poco più, e con un silenzio quasi ventennale che sembrava dovesse prolungarsi in eterno. Il motivo è presto detto: il loro punk demenziale, figlio degli Skiantos ma portato lontano dal movimento bolognese verso la provincia, era qualcosa di unico in quegli anni, soprattutto grazie a testi ben più arguti della media, in grado di descrivere personaggi e fatti della morente Prima Repubblica come in pochi han saputo fare, con leggerezza solo apparente, accompagnati da suoni abbastanza vari e curati, soprattutto rispetto al punk medio di allora, con passaggi in levare figli dei Bad Brains ed altri più propriamente hardcore, tra anni Ottanta e il nuovo che allora avanzava, tipo i Nofx.
Un paio di anni fa accadde invece l’impensabile, cioè la reunion con un concerto al Tempo Rock di Gualtieri, che sembrava dovesse essere un episodio isolato ma che è invece stata l’inizio della seconda vita della band, allargata a sei elementi, con anche un disco, Porcellum, inizialmente messo a disposizione solo dei fan che avevano aderito al crowdfunding per la sua produzione e dei partecipanti ai primi concerti del 2013.
In questo 2014 l’album è invece uscito “ufficialmente”, accompagnato anche dalla riedizione dello storico Pislas, rimasterizzato per l’occasione e impreziosito da rarità dei tempi andati, in particolare il mini LP Fetta e il 7” Discotecaro/Carabiniere.
Com’è quindi Porcellum? Non male, anche se meno illuminante delle vecchie uscite. A tratti le soluzioni musicali sono un po’ scontate, un punk chitarristico senza particolari spunti, e anche i testi, un po’ troppo populisti e meno capaci di scavare nell’anima degli italiani. Le zampate dei fuoriclasse però ci sono, per esempio Anima del cazzo, che descrive senza fronzoli ciò che pensano davvero gli italiani di Cuba, o Jesus Crust, che analizza perfettamente il fenomeno mai in declino dei punkabbestia, o ancora Enalotto, che narra la crisi dalle parti dell’Emilia con più di un riferimento all’amata-odiata Coop.
Chi non conosce il gruppo farebbe comunque meglio a procurarsi la ristampa di Pislas, grazie alla quale si può intuire ancora oggi il valore della Paolino Paperino Band. Per capirlo basta ascoltare il punk aggressivo di pezzi come Tafferugli, sempre più aderente alla realtà delle domeniche calcistiche, La Pentola, che elenca molti nomi ancora ben presenti nella società italiana, Troietti, con la sua demenzialità agricola, oppure Fetta, che anticipava la disaffezione verso la politica esplosa in questi anni, o ancora Porno Tu, perché anche un po’ di volgarità ogni tanto ci sta.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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