Tutti abbiamo appesa al frigorifero o attaccata a qualche parete di casa, la nostra personale selezione dei greetings from, ma passando velocemente lo sguardo fra i nome dei mittenti, sbuca quello singolare dei Saluti da Saturno. Dancing Polonia, completa la costellazione delle missive già avviata nel 2009 con Parlare con Anna e proseguita nel 2012 da Varazze, aggiungendo un nuovo episodio alle avventure dei Saluti da Saturno.
Riprendendo in parte l’ispirazione geografica e locale che già aveva guidato alla scoperta di Varazze e del mondo artistico ad esso connesso, Mirco Mariani (musico, mente e sguardo artistico dei Saluti) s’avventura nella regione della Masuria percorrendola da confine a confine a fianco dei fedelissimi Marcello Monduzzi, Bruno Orioli e il prof. Roberto Greggi. Nasce così Dancing Polonia, un diretto Romagna-Polonia capace di mettere in musica e in parole la fantasia magica uscita, a suo tempo, dai pennelli di Marc Chagall. Forse non ci saranno cavalli e capre volanti nel cielo, ma state sicuri che una volta accomodati all’interno del baraccone Saluti, prenderà il via un fluttuare di storie che si sottraggono alla classificazione temporale e che durante i trentotto minuti del disco riceveranno voce, corpo e spessore. Dalle pizzicate della chitarra di Arto Lindsay, ospite per Un giorno nuovo, ai dialoghi alla luna di Venere, fino ai sobbalzi notturni dei cuori in Cloro, il balocco itinerante procede nel suo viaggio facendosi annunciare di borgo in borgo dai suoni melliflui degli strumenti prediletti da Mariani, dalla glassarmonica fino all’inseparabile optigan. Strumenti che paiono fatati e che nascondono sotto una scorza di apparente fragilità, la possibilità di generare suoni all’infinito e anche oltre. Una nicchia di passato che si ispira alle immagini del cinema da Vodka Lemon (La vita mia (Vodka Lemon)) a L’Uomo che Verrà (Ombra), componendo dei cammei folkloristici, ma mai insipidi o scontati.
Dancing Polonia è un manufatto a regola d’arte, raffinato negli arrangiamenti, delicato ed evocativo. Un apparente contegno che viene travolto dalla personalità di Mariani, dalla sua ricerca da collezionista incallito del pezzo raro da salvare dall’oblio, da quello sguardo furbetto da personaggio felliniano che favella di Amarcord lontani e vicini.