Dopo la “Florian Trilogy” Björn Rühmann torna a collaborare con Paul Kalkbrenner per un dittico che può essere fruito separatamente oppure con le due parti montate insieme.
Non cambia l’approccio rispetto alla long-form di nove anni fa, ovvero considerare la musica come parte integrante di un cortometraggio narrativo, e quindi destinata, quando occorre, ad esser spostata sullo sfondo e rilevata con altri mezzi, attraverso il movimento e l’interazione dei personaggi nell’ambiente.
Molto simile anche l’esplorazione della realtà da parte di un personaggio estraneo alle dinamiche violente della suburbia e totalmente immerso nell’esperienza musicale, come possibilità di uscita dal mondo stesso.
Mentre Florian è un’adolescente che si scontra contro l’omologazione tribale della società, l’alterità di Kabelmann entra direttamente nel territorio del fantastico e crea dissonanze visuali evidenti, che nel primo caso si riferivano maggiormente alla fluidità del racconto di formazione e quindi al lessico del Cinema della realtà.
Nel nuovo video le rotture sono più esplicite e sono concepite per innescare la forza situazionale della commedia.
Anche la connessione con la musica compenetra il tessuto in modo metaforico, con l’ipotesi che dietro quest’uomo misterioso agganciato ad una manciata di cavi elettrici senza fine apparente, ci sia lo spirito stesso della techno concepita dal producer tedesco.
Kabelmann è allora quel pneuma che passa da Kalkbrenner ai fruitori, espressione di un’arte analogica che deve fare i conti con un mondo ostile, incapace di meravigliarsi.
Alla prima parte, che ricorda alcune visioni sci-fi come Starman di Carpenter o il più urbano The Borrower di John Mcnaughton, fa da contraltare una seconda più onirica, dove le violenze subite dal bizzarro uomo elettrico vengono associate ad una realtà parallela vicina al “paradiso” lynchiano di Eraserhead.
Si tratta di una visione meno interiorizzata rispetto al bellissimo Collider di Tom Hines per John Hopkins e che cerca di raggiungere risultati simili con scelte estetiche diametralmente opposte.
In entrambi i casi è il corpo ritmico al centro del discorso, come trasduttore fisico di energie sonore e di figurazioni visuali.
Kabelmann, il videoclip (Parte I)
Kabelmann, il videoclip (Parte II)