lunedì, Novembre 25, 2024

Petrina – Roses of the day: la recensione

Quando ci capitò di incontrare Debora Petrina per la prima volta, era il 2006 e indie-eye pubblicava quasi esclusivamente podcast audio; eravamo rimasti colpiti dal talento straordinario di questa performer che suonava il piano con le mani ma anche con i piedi, tanto che la sua attitudine proteiforme a contaminare e contaminarsi, usando il proprio corpo  è diventata una cifra stilistica ma anche una suggestione visiva, basta guardare l’artwork del nuovo “Roses of the day”, dove Petrina possiede letteralmente lo strumento, ci si siede sopra, lo domina a piedi nudi con naturale e intrigante erotismo.

Quando la conoscemmo si diceva, Debora era un’interprete affermata nell’ambito della musica colta, aveva inciso una raccolta di opere giovanili di Morton Feldman su un cd stampato dalla OgreOgress e stava portanto in giro un progetto intitolato “Don’t Forget Amnesiac”, rilettura di alcuni brani dei Radiohead che poi durante i concerti si estendeva al repertorio di altri artisti, da Nick Drake a Tori Amos, dagli Who ad uno standard jazz come Angel Eyes.

L’inizio della sua avventura come compositrice scrive Petrina sulle note interne al booklet del nuovo cd, ed è necessario sottolineare il termine “compositrice”, perché le riletture che finalmente si è decisa a raccogliere insieme, ascoltate nuovamente con attenzione, sono delle vere e proprie ri-scritture, dove l’originale viene “tradito” in modo creativo, aprendosi così a nuove derive timbriche e armoniche. La selezione è una playlist di preferiti, ellitticamente contenuta tra due tracce che Debora stessa dice di aver lasciato intatte, Only dell’amato Morton Feldman e Can you follow di Jack Bruce.

Il resto è un viaggio personalissimo dove la relazione con lo strumento principe di Petrina rivela una qualità visceralmente essenziale e allo stesso tempo stratificata. In fondo le prescrizioni libere indicate da John Cage per l’esecuzione della sua musica, elaborate per spingere l’interprete a intendere la composizione come un campo aperto soggetto a infiniti cambiamenti secondo l’urgenza di uno stato d’animo, è la stessa forza che ha guidato Petrina in questi anni e che dalla title track, brano dello stesso Cage ri-scritto dalla musicista padovana, si estende agli altri titoli.

Si parte dalla bellissima versione di Ha tutte le carte in regola di Piero Ciampi, dove a un certo punto Petrina “stoppa” le corde del piano per avvicinarne il suono a quello di uno strumento “preparato”, e si prosegue con l’approccio fisico e percussivo per Burning Down the house dei Talking Heads e il minimalismo ossessivo di Ghosts, che dell’originale sembra prevedere, declinando al futuro anteriore, il Sylvian contemporaneo, quello che scava sempre di più la sua musica entro le architetture modali della musica Koto.

Su questa via, lo standard di Matt Dennis scritto nel 46; Angel Eyes è un lamento spettrale e malinconico, dove il romanticismo dell’originale diventa spleen esistenziale. E che dire del mondo che si apre sotto le fiamme di Light my fire? tra latin jazz e probabilmente l’amore di Petrina per la musica cubana, che ha studiato a fondo e conosce così bene da poterla arricchire con molte altre forme; a nostro avviso uno dei brani più potenti e comunicativi dell’intera raccolta insieme alla sorprendente Sweet Dreams, quella degli Eurythmics, brano difficilissimo da adottare e che in mano ad altri è spesso diventato una marcetta retorica senz’anima.

Petrina è un fiume in piena e sembra riassumere proprio con questo episodio tutte le caratteristiche di Roses of the day. Preparato, percosso, sfiorato, il piano improvvisamente si incendia e dal tempo sospeso nella ripetizione ossessiva, si lancia in una corsa furibonda; meditativo, mentale e improvvisamente fisico. Tra terra, fuoco e gioco.

Ascolta Roses of the day su spotify

 

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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