giovedì, Novembre 21, 2024

Peyman Salimi – Won Now, il nuovo pop di qualità viene dall’Iran: l’intervista

Peyman Salimi giunge al suo secondo album solista, ma non può essere considerato come un esordiente. Attivo come musicista da diverso tempo, si è trasferito a Firenze dall’Iran circa quindici anni fa. Per nove anni ha lavorato con The Allophones, band cittadina ma dalle ambizioni e dal respiro globale, che gli ha consentito di affinare il suo approccio con il pop internazionale di matrice anglofona. Lo avevamo già intervistato in occasione della sua partecipazione al Rock Contest fiorentino del 2017, quando si esibiva  con il moniker di Peyman S’Oyle.
Il suo nuovo percorso parte da li, ma cambia molte cose, a partire dall’assunzione del proprio nome e cognome per veicolare la propria musica e soprattutto con un album nuovo di pacca all’orizzonte.

Won Now” sarà presentato al Combo Social Club di Firenze il prossimo 18 aprile nella forma preferita da Peyman, quella live che gli consentirà un contatto diretto con il pubblico. Intimista, introspettiva e confidenziale, la sua musica riesce a mettere insieme numerose influenze, dal folk tinteggiato di piccole pennellate elettroniche fino al pop-rock anglofono, ma con una personalità originale e specifica, nella ricerca dei suoni e nella scrittura dei testi. L’album contiene nove tracce in inglese e cinque in persiano, un passaggio che sorprendentemente Peyman ha dovuto mediare, proprio nella relazione tra le due lingue, affinché potesse trovare una connessione più naturale e spontanea tra la musica e il suo idioma.

Won Now –  ci ha raccontato Peyman – deve essere inteso anche come un gioco di parole.  Se infatti si legge la breve frase da destra a sinistra, si ottiene lo stesso significato. Una forma palindroma che ha in qualche modo a che fare con il modo in cui si scrive e si legge il persiano“.  Per Peyman è come una dichiarazione di intenti: “Aver trovato la pace interiore rispetto ad una doppia identità, che durante tutti questi anni ha dato origine a numerosi conflitti“. Spinta ed energia sono del tutto positive e coerenti, a giudicare dal risultato artistico di “Won Now”, album eterogeneo e ricco di sfumature dal punto di vista degli arrangiamenti, ma ancorato ad un’identità autoriale ben precisa. Peyman Salimi riesce a comunicare sentimenti e suggestioni in modo immediato, come accade nel miglior cantautorato poetico internazionale, vengono quindi in mente i nomi di Bon Iver, Damien Rice, Rocky Voltolato, David Gray, non tanto per riferimenti o influenze esplicite, ma per il bacino comunicativo entro il quale Peyman si sta muovendo, tra musica confidenziale e grande tradizione pop internazionale.

Nell’intervista abbiamo approfondito questi e altri temi per conoscere da vicino il progetto Peyman Salimi; durante la conversazione viene citata l’intervista che Pier Paolo Pasolini rilasciò ad Enzo Biagi nel 1971 e che fu poi pubblicata postuma. Peyman si riferisce alla capacità di Pasolini di guardare la realtà e il mondo, con uno sguardo trascendente che risiede tra cielo e terra, un po’ come la musica di questo promettente artista.

[Le foto dell’articolo sono di Moudy]

Peyman Salimi, sito ufficiale

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Ciao Peyman, sono passati dieci anni dal tuo primo lavoro solista, nel frattempo hai fatto molte cose, tra cui incidere due album con The Allophones. In che modo sono confluite tutte queste esperienze nel tuo nuovo lavoro e cosa dobbiamo aspettarci di diverso dal nuovo Peyman Salimi?

L’opportunità di lavorare con i fiorentini The Allophones negli ultimi 9 anni mi ha fatto crescere tantissimo, sia al livello umano che artistico. Il lavoro di squadra può essere molto faticoso, ma può insegnarti tantissimo, oltre a predisporti all’ascolto. In questo senso il parere, il punto di vista e le prospettive degli altri sono importanti tanto quanto la tua, e questo aiuta a trovare nuovi percorsi e nuove strade espressive che non avresti mai potuto immaginare.  In questo senso, tutto quello che precede il mio lavoro solista ha avuto una qualità formativa importante.

Il tuo nuovo album si intitola “Won Now”, puoi spiegarci il senso del titolo?

Won Now, tradotto letteralmente significa “vinto adesso”, implica il fatto di essere consapevoli delle proprie capacità, così come dei propri punti deboli. Limiti e possibilità che consentono di tirar fuori da se stessi il miglior risultato possibile. Credo che sia come un segno per me stesso più che l’annuncio trionfale di una conquista. Questo segno va quindi nella direzione di una maggior lucidità nei confronti del mio percorso. L’altro aspetto interessante del titolo, riguarda la sua qualità palindroma. Se leggi la breve frase “Won now” da sinistra a destra e poi da destra a sinistra, ottieni lo stesso significato e questo ha in qualche modo un legame con il modo in cui scriviamo e leggiamo in persiano.

Peyman Salimi – Won Now – Album Teaser

L’album è costituito da 14 tracce, cinque di queste sono cantate in persiano. Come mai questa scelta dopo anni di repertorio cantato esclusivamente in inglese?

Quando vivevo ancora in Iran la maggior parte delle cose che scrivevo era in persiano. Allontanandomi dalla madre patria ho sentito il bisogno di sviluppare un linguaggio diverso in grado di comunicare in modo più universale, sempre per quello che riguarda il mio lavoro come autore, ovviamente. C’è da dire che la maggior parte della musica che ascoltavo e che tutt’ora ascolto, era ed è  in lingua inglese. È quindi una conseguenza naturale che tutta la musica assorbita  si rifletta in modi e forme anche nella mia arte. Ho sempre avuto problemi con la sonorità delle altre lingue, come se non si amalgamassero bene con il tessuto musicale legato al mio modo di concepire le canzoni. Sono cambiate alcune cose, dopo aver affrontato la traduzione di uno dei pezzi del primo disco dall’inglese al persiano. Potrebbe sembrare una cosa strana, ma se scrivo originariamente in inglese e poi traduco il testo successivamente in persiano, le idee che riesco a tirar fuori sono più interessanti e coerenti con il discorso musicale. Se al contrario scrivessi direttamente nella mia lingua, dovrei confrontarmi con cose già scritte, parole già sentite, sentimenti già espressi.  In questo senso e con questo passaggio mediato dall’inglese al persiano, ho trovato una formula adatta al mio sentire e all’espressione della mia musica. Questo mi ha consentito di “accorgermi” e di guardare con maggiore interesse alla scena musicale alternativa Iraniana, una scena molto viva, non solo in Iran, ma anche all’estero, c’è infatti una grande richiesta all’interno del settore.  

Le tracce hanno un legame specifico tra di loro, come sei arrivato a sceglierle e a costituirle in forma album?

Quella che costituisce i quattordici brani di “Won Now” è una raccolta che ho scritto durante gli ultimi 4 anni. La maggior parte di essi parlano di tematiche sentimentali, ma non sono canzoni d’amore propriamente e strettamente dette. Ho cercato più che altro di mettere in luce le dinamiche che attraversano la dimensione relazionale negli anni in cui stiamo vivendo. Queste sono relazioni caratterizzate da estrema brevità, attraversate da instabilità e spesso molto superficiali, sotto diversi aspetti e punti di vista. Alcune canzoni invece sono maggiormente legate al mio percorso personale e interiore. Tutto questo mi ha consentito di riflettere sul concetto di cambiamento, ovvero se sia davvero possibile cambiare radicalmente, oppure se è solo l’atteggiamento esteriore nei confronti degli eventi a mutare, consentendoci così di mitigare alcune asperità. In uno dei brani della raccolta per esempio, parlo di come tendiamo sempre a cercare la felicità nel mondo esteriore piuttosto che scavare dentro noi stessi. A questo proposito ho usato un piccolo frammento di un’intervista fatta da Enzo Biagi a Pier Paolo Pasolini che esprime questo concetto, attraverso la visione del mondo che circondava il grande scrittore e poeta friulano, “ non laica, non naturale…”

I brani in persiano di “Won Now” integrano anche alcuni elementi sonori dalla cultura sonora iraniana?

Per la maggior parte dei casi direi proprio di no, ho cercato invece di mantenere coerente il mio tono personale. Solo in uno dei brani, legato all’arrivo della primavera e del capodanno ho utilizzato alcuni strumenti tradizionali in forma descrittiva. Nello specifico si tratta della Sorna e del Kamancheh, Il primo è un antico strumento a fiato iraniano a doppia ancia, mentre il secondo è un cordofono usato anche in altri paesi oltre all’Iran, come l’Armenia, l’Azerbaigian, la Turchia e il Kurdistan. Li ho utilizzati entrambi per evocare alcuni colori sonori più vicini alla tradizione musicale del mio paese e alle mie origini.  

In riferimento alla domanda precedente e più in generale, in che modo filtri i suoni della tua tradizione in un contesto di respiro più ampio e internazionale, come quello suggerito dalle tue scelte compositive?

Cerco principalmente di fidarmi del mio istinto. Ho imparato negli anni  a non affidarmi completamente alla percezione razionale delle cose, quando ovviamente si tratta di lavorare con la creatività. Credo non sia un bene togliere spontaneità da una canzone e quando mi accorgo di averlo fatto, prendo una direzione diversa. Lo stesso approccio vale anche per i suoni. I suoni devono comunicare uno stato d’animo, un sentimento e lo stesso andamento del racconto, non importa se utilizzi un gong tibetano, altri strumenti della tradizione oppure ti affidi ad un assolo di chitarra, in tutti i casi si deve rispettare e seguire la loro capacità di comunicare. 

Testi e musica come interagiscono e cosa nasce per primo?

Parto quasi sempre da un nucleo, da una frase compiuta, dove per frase intendo una dimensione testuale, ma anche melodico-ritmica, per esempio potrebbe trattarsi anche di un breve riff. Tutto il resto viene costruito su questo nucleo. Con questo non voglio dire che ci sia una formula buona per tutte le occasioni, perché non c’è una formula e questo lo sappiamo bene. Posso dirti che a volte mi è capitato di chiudere un brano in un paio d’ore, mentre altre volte ci ho messo alcuni mesi. Ma al di là di tutte le strutture e le formule, niente è potente quanto la spontaneità. 

Come hai registrato l’album, in quali città lo hai registrato e con quali musicisti?

La dotazione di strumenti e la conoscenza di tecniche, linguaggi e prassi della produzione mi rende del tutto autosufficiente. Ho costruito un home-studio dove registro e produco il mio materiale, ad eccezione delle parti di batteria. Per quanto riguarda il risultato finale di “Won Now”, ho potuto collaborare con diversi musicisti. All’interno ci sono alcuni duetti con due cantanti iraniane della scena alternativa locale e naturalmente ho potuto contare sui The Allophones per alcune canzoni dell’album.  

Tradizione americana, cantautorato ed elettronica. Come si combinano questi elementi nella tua musica?

Tutte le esperienze aggiungono sempre qualcosa,  e per far emergere le cose senza alcun filtro è necessaria consapevolezza. Per quanto riguarda il rapporto con le mie canzoni, è importante non ricorrere troppo all’analisi, quindi la consapevolezza di cui parlo deve bilanciarsi per forza di cose con un approccio spontaneo e il più possibile vicino alla verità di un sentimento.  

Il recente successo dei Bowland, con cui tu hai lavorato in veste di fonico per il Mastering, ha offerto uno spazio “mainstream” a musica e suoni che sono sempre stati legati alla cultura alternativa. Sta cambiando qualcosa in Italia secondo te, ovvero c’è un dialogo maggiore tra industria e creatività indipendente?

Qualcosa sta cambiando ed era l’ora che accadesse. Le nuove generazioni sono più aperte e curiose per quanto riguarda alcune sonorità e se queste riescono ad arrivare ad un pubblico maggiore, credo sia molto positivo.  

Firenze che ruolo ha nell’evoluzione della tua musica, al di là delle esperienze dirette con una band come The Allophones, stanziata nella città di Dante?

Vivere a Firenze senza esserci nato è per forza di cose un’esperienza immersiva e intensa nel bello e nel suo significato più profondo, in termini di pensiero estetico. Ho potuto assorbire tutto quello che mi circondava e da questo punto di vista l’influenza di questo spirito che permea la città è inevitabile quando devi creare qualcosa.

Il release party di Won Now è previsto il prossimo 18 aprile al Combo Social Club di Firenze, puoi anticiparci qualcosa della serata, e soprattutto sarà possibile acquistare l’album in formato fisico?

Sarò sul palco insieme ad un musicista e caro amico di San Francisco che mi seguirà per tutta la durata del tour. L’opening act del concerto sarà affidato a Martina Magionami, una giovane cantautrice italiana di talento che ha collaborato anche su “Won Now” per due brani del disco. Invito quindi tutti a venire, i biglietti costano solo 10 euro e sono acquistabili all’ingresso del Combo Social Club.  

Raccontaci il tuo set. Quale sarà il tuo repertorio e con quali musicisti sarai sul palco?

Eseguirò principalmente i brani contenuti nel nuovo disco, un paio di pezzi nuovi appena conclusi e che in termini di studio non hanno ancora la produzione definitiva, per questo non sono stati inseriti nell’album. Oltre a questo, eseguirò anche alcune cover, legate a quegli artisti che nel tempo hanno avuto maggiore influenza sul mio lavoro. 

Cosa ti aspetti dal tour europeo e da quello statunitense della prossima estate, hai già qualche risposta positiva dal pubblico internazionale?

Il progetto è ancora molto giovane e quindi sarà necessario attendere del tempo perché sia possibile valutare un risultato, ma posso dire di aver già avuto un ottimo feedback dalle comunità iraniane presenti all’estero, soprattutto da quella statunitense. Da questo punto di vista sono molto felice di poter finalmente coronare un sogno, quello di poter comunicare attraverso la mia musica con persone provenienti da diverse culture e nazionalità.  

Realizzerai un videoclip, se si puoi anticiparci qualcosa?

Ho girato un videoclip lo scorso marzo nella città di Londra, uscirà alla fine di questo mese. Il video è relativo a “Raj”, uno dei brani di “Won Now” cantati in persiano.

PEYMAN SALIMI IN TOUR

18 aprile – Firenze – Combo Social Club 

20 aprile – Parigi – Paniche Anako

23 aprile – Berlino – Prachtwerk

25 aprile – Stoccolma – Stallet

27 aprile – Londra – The Troubadour

Donatella Bonato
Donatella Bonato
Veneta, appassionata di tutti quei suoni che alterano la percezione, si è laureata in storia dell'arte nel 2010 e alterna la scrittura critico-musicale al lavoro per alcune fondazioni storiche.

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