Da qualche mese è disponibile Phases, l’ultima (è il caso di dirlo) fatica del canadese Antoine Bédard, in arte Montag. Un singolo al mese da Giugno 2012 a Giugno 2013, per raggiungere la consistenza di un album. Con questa decisione il disco appare una somma di lati A che comunque non uniforma le atmosfere. Il lavoro negli anni è stato massiccio, per cui immaginiamo quanta scrematura sia stata necessaria per raggiungere un risultato altamente qualitativo come questo. Nonostante questo, il crowdfunding fallito su Indiegogo non ha permesso a Bédard e soci di poter ampliare il loro tour e imporsi di più sulla scena statunitense.
Tornando al disco, fin dal primo ascolto brillano le paillettes sintetiche di questa raccolta, con virate verso il pop canadese di cui ormai sappiamo tutti almeno due o tre gruppi chiave (Boards of Canada, Wolf Parade, vi lascio immaginare gli altri..). New Design parte con la discrezione del Joe Jackson di Steppin’ Out, per poi tramutarsi con un ritornello elettrizzante. P.I.E.C.E.S. lascia immaginare come avrebbero suonato i Kraftwerk se fossero nati a Lione piuttosto che davanti l’autobahn. Next Life si produce su voci moltiplicate davanti lo specchio, lasciando trasparire un eventuale primo incontro tra gli Animal Collective ed una Roland TR-808. True Love incanta con le sue progressioni tra i Muse dell’era dubstep ed i Goose, Phares mantiene qualche sentore seventies sulle note di infiniti arpeggi. Sun Fat Explosion è l’archetipo di celebrazione della psichedelia floydiana, sia dal titolo, sia dal crescendo tra basso e tastiere. MEMORI invece anticipa le devoluzioni dei Daft Punk nella coda strumentale, molto simile al tema di Giorgio by Moroder (la domanda sorge spontanea: chi ha copiato chi?).
La sospensione eterea e la ripresa del tema principale diventa l’espediente principale per dare maggiore forza e consistenza alle tracce. Potrà non essere una cosa ovvia ascoltando una traccia al mese, ma tutte in fila denotano questa debolezza. The Last Call dimezza i bpm, celebrando Stephen Merritt e i Magnetic Fields puramente elettronici degli esordi (e la cover di qualche anno fa di Dream Again dei Franz Ferdinand).
L’ascolto del disco procede con molta leggerezza, immaginifico in molti tratti grazie alla potenza dei suoni e dei campionamenti, coperti di echi e prolungamenti di onda. Talvolta Bédard si impone di seguire certi stilemi del tempo (Animal Collective, dubstep), ma solo pochi episodi hanno queste caratteristiche. La sua lunga carriera è comunque già impostata, sui binari di un pop elettronico uguale a se stesso, rassicurante, ma comunque diverso per le infinite possibilità dei synth.