Prince – Sign ‘o’ the times – unboxing video
La breve parabola di Prince come “regista” è circoscritta ad una serie di flop sul piano commerciale. Mentre Albert Magnoli firma “Purple Rain“, il suo maggiore successo sullo schermo, l’artista di Minneapolis ci proverà da solo con il bizzarro “Under The Cherry Moon“, film che ha raggiunto quasi uno status di culto, ma che messo in relazione alla controparte musicale, l’album “Parade“, registrò una vera e propria disfatta al botteghino.
“Sign ‘O’ The Times“, il film, nasce nell’ipotesi di trasporre l’amore per il musical nello spazio di un grande show, utilizzato come propellente per spingere l’omonimo album, le cui vendite negli States si rivelarono al di sotto delle aspettative. Si tratta di un film concerto, girato inizialmente dallo stesso Magnoli durante il tour europeo e poi rigettato in fase di post produzione per la qualità audio e la granulosità dell’immagine. Da questo momento in poi, Prince prende in mano le redini del progetto e ri-filma tutto nel teatro Paisley Park adiacente allo studio, rielaborando il suono, rendendolo più potente e controllando in modo totale la materia visiva, pubblico incluso, come magma incandescente.
L’utilizzo massivo di overdub e performance ricostruite in studio non è nuovo per i film concerto, soprattutto quelli che sono diventati leggendari, ma qui trova una dimensione costitutiva che è del tutto diversa dal trucco invisibile utile per correggere alcune imperfezioni. Un mix di flagranza ed artificio che cerca di ricostruire integralmente l’intensità di uno show, quasi sempre a rischio depotenziamento quando viene ricombinato per lo schermo.
“Sign ‘O’ The Times” è in questo senso un film unico, dove ogni gesto, movimento, dialogo tra performers e pubblico sono minuziosamente elaborati come parte di un meccanismo ad orologeria.
Potente, d’impatto e attraversato da una grande energia soul è quanto di più vicino ad uno show di Prince per le qualità immersive e quanto di più lontano da un tradizionale film-concerto, se lo intendiamo come oggetto di documentazione. Eppure raggiunge un livello di verità raramente sfiorato dai film strettamente legati ad un evento performativo; un paragone possibile può essere fatto con altri due classici, realizzati con principi molto simili, come “Home of The Brave” di Laurie Anderson e “Stop Making Sense” di Jonathan Demme.
La setlist è collegata da una serie di sequenze di raccordo che hanno una funzione metanarrativa e connettono uno scenario urbano ricostruito in studio, con il palco del Paisley Park. Gli esterni ricostruiti anticipano le idee illuminotecniche e scenografiche di LeRoy Bennett adottate sul palco, ispirate ai Chanhassen Dinner Theatres di Minneapolis e a tutti gli edifici che li circondano, una strana combinazione di elementi teatrali e industriali, che culminano nell’impiego di un grande parco di luci al neon, ricostruito sul modello delle insegne originali che tempestavano la zona. Ecco che il contrasto tra l’aura sensuale e intimista del night club si fonde con uno spirito più urbano e funk, di qualità squisitamente elettrica. Elettrica è anche la lampada al plasma che diventa simbolo di tutto il concerto. Prince ne era ossessionato e durante l’ideazione dello show fu dissuaso dall’impiegarne una di grandissime dimensioni per ragioni di sicurezza.
La setlist del film, ad eccezione di “Little Red Corvette” e di “Now’s the Time” di Charlie Parker, eseguita esclusivamente dalla band, è interamente dedicata ai brani di “Sign ‘O’ The Times” ed esclude altri classici di Prince eseguiti comunque durante il tour.
Il periodo è quello dopo l’esperienza con i The Revolution, per quanto alcuni membri di quella formazione siano ancora presenti, così come la straordinaria Sheila E. alla batteria, che nel film si ritaglia uno spazio notevole, solo drums incluso.
Oltre alla straordinaria presenza dei performer e ai duetti erotici di Prince con Cat Glover, che sarà al centro della scena per tutto il Lovesexy tour, colpisce la segmentazione del palco come se fosse costituito da una sequenza di set autosufficienti, nicchie sceniche la cui prospettiva distorta, grazie anche al grande lavoro illuminotecnico, costruisce una narrazione complessa intorno ai brani dell’album, insieme alla notevole mobilità di tutta la struttura.
Ogni gesto, indicazione, movimento, anche quelli più banali come l’elevazione delle bacchette, subisce un’estrema amplificazione di senso.
La versione di “Forever in my life” è un esempio delle capacità “espanse” di Prince nel riappropriarsi di un brano, riscrivendolo nuovamente per l’esecuzione live, ma nell’economia del film, diventa anche uno degli episodi dove tutti gli elementi dello show, incluso il pubblico, concorrono alla resa ritmico-visiva. Il pubblico, debitamente istruito, scandisce la bassline con l’intermittenza degli accendini, offrendo l’idea di una flagranza tutta da verificare, ma assolutamente potente nel risultato. Da dove vengano quei footage non è facile verificarlo, filmati da Magnoli in Europa, oppure al Paisley Park e ricombinati da Prince, assolvono una funzione precisa nel montaggio del film e diventano strumento, perché suonano letteralmente il pezzo, elaborando una sinestesia completa tra corpo e groove, luce e ritmo, officiante e fedeli. Un vero e proprio rito collettivo ricostruito per lo schermo.
Tra artificio e verità della performance, “Sign ‘O’ The Times” è grande Cinema.
“Sign ‘O’ The Times” Il Blu Ray Standard di Turbine Media Group: edizione e contenuti speciali
L’edizione immessa sul mercato europeo, disponibile in numerose versioni Blu Ray e DVD, oltre ad una costosa combo, la si deve alla tedesca Turbine Media Group, che ha recentemente pubblicato la rimasterizzazione del film di Prince, con una notevole dotazione di contenuti speciali
Quella in nostro possesso è l’edizione Blu Ray Standard con un solo disco e contiene oltre al film, alcuni contenuti speciali, tra cui il documentario di 85 minuti intitolato “The Peach & Black Times documentary“, che mette insieme una serie di interviste con la band di allora, coinvolgendo musicisti, performer e addetti ai lavori come Dr. Fink, Levi Seacer Jr., Cat Glover, Susan Rogers, Steve Purcell e LeRoy Bennett. Le stesse persone che costituiscono l’ossatura del commento audio al film, prelevato da uno storico podcast prodotto dalla Prince Estate insieme alla Warner. Conclude la dotazione di contenuti speciali il trailer montato per il 30mo anniversario del film e quello ufficiale.
Spartana la confezione, un semplice amaray con disco singolo, mentre quella limitata a 4 dischi (2 Blu Ray + 2DVD) venduta ad una cifra considerevole, è un bel mediabook che include 180 minuti in più di interviste aggiuntive rispetto al documentario incluso in entrambe le edizioni e anche un booklet illustrato.
Formidabile il comparto audio, che rende per la prima volta il suono del film un’esperienza degna di questo nome. Oltre allo stereo PCM Standard, sono disponibili Dolby Atmos e Auro-3D 11.1. Quest’ultimo consente una fruizione totalmente immersiva, davvero di altissima qualità sia per calore che per accuratezza dei dettagli.
Ottima l’immagine che, nella rimasterizzazione 1080p24 con aspect ratio 1:78:1, restituisce giustizia al film, soprattutto in termini colorimetrici, valutando che luce e colori si portano a casa almeno il cinquanta per cento del risultato. Il film include anche il videoclip ufficiale di “U got the look” con il duetto tra Prince e Sheena Easton. La qualità è inferiore, ma il setting è lo stesso, a conferma del materiale eterogeneo che costituì la genesi del film e della volontà di Prince di accentrare tutto intorno al Paisley Park.
I sottotitoli sono in inglese e tedesco per quanto riguarda i testi delle canzoni, mentre i brevi intermezzi narrativi sono in lingua inglese con sottotitoli in tedesco. Il documentario contenuto nel comparto extra è in versione originale inglese e i sottotitoli disponibili sono in lingua tedesca.