I fratelli Bornati sono refrattari a qualsiasi definizione circoscritta, e l’etichetta che gli va più stretta è certamente quella “elettronica” non tanto come modalità della scrittura, quanto come attitudine contemporanea perchè Psychobabe, il loro primo full lenght prodotto da Alessandro “Asso” Stefana, non ha niente di tutte le derive IDM, Dancefloor, Techno, Dubsteb, glitch più o meno coeve. Più vicini alla trasformazione della psichedelia tra la fine dei settanta e i primi anni ’80, i TWOMONKEYS recuperano alcune intuizioni “teutoniche” e le filtrano attraverso una vera e propria orchestrazione di dispositivi analogici, esattamente come la breve stagione no-wave, nell’accezione sonora più ampia che va dai Konk ai Suicide, faceva con il punk, il free Jazz, l’afrobeat, il minimalismo, le tecniche di field recording.
Il duo Bresciano si destreggia tra synth, voci filtrate, registratori a nastro, megafono, samples e drum machine e con la collaborazione di Asso Stefana, introduce elementi di folk psichedelico in un contesto che si delinea di volta in volta come sintetico, nella direzione di Brian Eno che si guarda indietro verso i Neu! ; oppure post-punk, nella forza centripeta e ossessiva, e anche house, nella sua forma più lurida, scarnificata e “suonata”.
Il risultato è un mostro che lascia annichiliti per proprietà ritmiche immediate e allo stesso tempo concettualmente meditative; si prenda un brano come She Knows, con un attacco house basico, e il clarinetto di Simone Bornati che emerge disegnando una spirale sonora à la King Crimson, sullo sfondo di una tempesta elettrica e psichedelica che anche nel trattamento della voce fa pensare agli episodi più lisergici dei primi Flaming Lips.
Molta carne al fuoco quindi per un lavoro che rimane impresso nella memoria come strano oggetto dalla predominante strumentale, considerato che le voci stesse vengono trattate come elementi dello stesso discorso ad esclusione di alcuni episodi più concisi in direzione “pop” come per esempio Sacrifice.
La produzione di Asso Stefana si fa sentire come un “marchio di fabbrica” non intrusivo ma semplicemente grazie ad alcune aperture di ambient-folk e influenzando una concezione immaginifica e visionaria del suono; Psychobabe è davvero un ottimo debutto.