L’esplosione dei visual video è ormai uscita dai confini astratti di derivazione optical, intesi in larga accezione come risultato di una ricerca sinestetica o di una semplice sovrapposizione tra musica e VFX, per approdare nel circuito mainstream dei promo a larghissima diffusione. I visual di Rkomi, Laura Pausini, Marracash, solo per citare alcuni tra gli artisti italiani che hanno adottato questo veicolo promozionale in sostituzione dei lyric video, si distinguono in modo evidente dai “visualizer”, ovvero dalle animazioni digitali o dalle aberrazioni cromatiche elaborate in post, dove si rinuncia alla centralità del performer per favorire un viaggio psichico o nel peggiore dei casi, decorativo. I visual video di questi artisti al contrario rimettono al centro il corpo dell’interprete e riducono ad uno sfondo, virtuale o meno, l’esperienza visuale. Questi sono oggettini promozionali destinati ad incagliarsi nell’area più superficiale degli EPK o delle card virtuali; sostanzialmente un passo indietro.
Questa breve digressione introduttiva per raccontare l’ottimo lavoro di Emanuele Lucci realizzato come controparte visuale dell’esordio di Rastroni, al secolo Antonio Rafaschieri, musicista e matematico barese già nei Wide e nel duo Gestalt insieme a Enrico Ghedi dei Timoria.
Ottimo lavoro che segue gli stimoli più importanti di una tendenza totalmente disattesa dagli esempi ad alta diffusione che abbiamo citato.
“Anime da frutto“, che è stato veicolato in forma “digest” dal singolo “Bagagli“, oltre alla distribuzione discografica tradizionale attraverso Angapp, viene diffuso anche come visual album di quasi cinquanta minuti, realizzato dallo stesso Lucci insieme a Giuseppe Mattia e Giovanni Monopoli che si sono occupati rispettivamente delle riprese in studio e del montaggio.
Il video integrale dialoga con l’album attraverso diversi registri. Non solo il viaggio interiore affrontato da Rastroni, sospeso continuamente tra sogno, psiche e realtà, ma anche tutti gli elementi che costituiscono il progetto complessivo, artwork e grafiche incluse. Quello che viene sintetizzato nella dimensione ridotta del videoclip, viene qui espanso brano dopo brano attraverso un’operazione transmediale imponente dove confluiscono altri elementi del racconto.
Lucci, che ha una formazione cinematografica di alto livello (Cinecittà, Fare Cinema di Marco Bellocchio, Scuola di Cinema di Roma) è in realtà artista proteiforme che ben rappresenta quella convergenza di saperi e discipline di cui spesso parliamo quando cerchiamo di raccontare il videoclip contemporaneo. Oltre a produrre video e ad essere uno specialista VFX, è illustratore, fumettista, narratore. Nel progetto di Rastroni ci si è evidentemente tuffato anima e corpo, cercando di trovare una chiave visuale, attraverso il suo stesso mondo creativo.
Il risultato è soprendente ed è una summa delle possibilità offerte dalla digitalizzazione e dalla softwarizzazione del filmmaking, dove animazione, visual art, illustratione, motion graphics e derive optical, giocano un ruolo parallelo e integrante rispetto al lavoro di Rastroni. Tutto questo con una forma “nativa” che ha il fascino quasi primordiale di un nuovo protocinema, mentre si gioca con ombre e luci virtuali, alla ricerca di più anime nella fusione tra disegno e inorganico.
Per la redazione di indie-eye una delle migliori produzioni del 2021 in quell’ambito ormai espanso che possiamo continuare a chiamare videomusica, anche se le cornici non sono più le stesse.