L’intreccio tra grande Storia e piccoli eventi quotidiani per Giulia Rosini e Cristiano Burgio passa attraverso le stagioni della musica rock. Qualcosa di più di una colonna sonora per le nostre vite, perché la costruzione del racconto consente ai due autori di far reagire più elementi del testo con una selezione di brani sottoposti a vera e propria trasfigurazione.
Rock Tales torna con una nuova serie alla Biblioteca Ragionieri di Sesto Fiorentino nell’ambito della ricca rassegna “Un palco in biblioteca“, individuando una via personale rispetto a quel passaggio dal Teatro Canzone al Teatro Evocazione che è stato centrale nella ricerca di Giorgio Gaber e Sandro Luporini per tutti gli anni settanta.
Il primo dei tre appuntamenti in programma nel suggestivo cortile interno della Ragionieri era dedicato al 1968, “anno lunghissimo“, come lo definisce Burgio durante la successione del racconto, cogliendo così la qualità sfuggente, atemporale e assolutamente concreta individuata da alcuni storici, filosofi, scrittori e poeti, da Andrea Sangiovanni a Paolo Conti.
L’interazione tra monologo interiore, racconto Storico e concerto privilegia come interlocutore principale l’individuo, cercando di comprendere cosa è rimasto della rivoluzione.
La disillusione e la perdita dell’innocenza non è la stessa di Gaber e Luporini fuori dalle assemblee e dall’incontro/scontro dialettico con il pubblico, perché se è necessariamente vicina a quella trasformazione che li portava dallo spazio dell’azione diretta all’elaborazione di una messa in scena più vicina all’indagine interiore, la maggiore distanza consente ai due autori di operare una straniante visione d’insieme, che interagisce con questi nostri anni difficili come nelle immagini lontanevicine di Terence Davies.
Colpisce quindi la capacità di sintesi elaborata da Rosini e Burgio, ma ancora di più la messa in scena essenziale che stabilisce una relazione continua tra suono e parola, liriche e testo, Storia e memoria.
La “Storia di Emilio” appartiene al regno della fantasia, ma cerca incessantemente l’eredità di una lunga stagione con i mezzi del linguaggio poetico. Un ventisettenne che dall’Italia è in costante dialogo con un caro amico emigrato negli Stati Uniti durante il momento apicale della rivoluzione. Al fervore e all’entusiasmo di Fabrizio, corrisponde l’assimilazione silenziosa di Emilio, testimone quasi impotente di una rivoluzione mancata, di un vento interrotto, di un’urgenza soffocata, “ci hanno fregati”
Burgio restituisce senso ed emozione a questa figura intrappolata in un regno di passaggio, così da definirla attraverso la sostanza evanescente di un fantasma, chiuso in una camera ad ascoltare i dischi dell’amico, oppure sull’orlo dell’esplosione mentre osserva una società che reclama diritti, fino ad essere inghiottito dalla Storia.
Emilio è la nostra stessa vulnerabilità.
Comincia e finisce con il suono del mare, introdotto dai fonemi di Burgio e dalle note gravi di pianoforte scandite da Valeria Caliandro, un percorso emozionale che reagisce con altri approdi, altre speranze, altri naufragi più vicini a noi, senza evocarli esplicitamente.
E mi sembra questa la chiave che investe di altri significati una setlist che altrimenti avrebbe potuto essere semplice “repertorio”. I brani scelti hanno ovviamente il peso e lo statuto dei classici, da “My Generation” degli Who a “Bad Moon Rising” dei Creedence Clearwater Revival, eppure diventano parte di un monologo interiore più ricco, tanto da staccarsi dalla loro dimensione statica, relegata nello spazio del mito. “Imagine” di John Lennon con il suo incedere solenne, suona come una campana a morto; “Vincenzina e La Fabbrica” evidenzia ancora di più la sospensione del tempo già presente nella canzone di Jannacci, nient’affatto “neorealista”, grazie alla voce cristallina della Caliandro che in virtù del calore performativo, ci invita ad una meditazione ulteriore sulla disumanizzazione del lavoro; “Ces gens-là” di Jacques Brel, interpretata dallo stesso Burgio, recupera la traduzione fatta da Gaber ne “I Borghesi” (Che bella gente), cambiando alcuni dettagli e riproducendo mimica e situazioni simili, ma evitando intelligentemente il cantato, per traghettarne il senso verso quello della parola nuda.
Su questa tessitura si insinua il lavoro sonoro dell’ottimo Federico Piras, tra l’infinite guitar di Michael Brook e un piglio decisamente più rock, mai retorico e di una scabrosità nervosa ed urgente. La voce di Jacopo Meille, talento versatilissimo e già parte dei britannici Tygers of Pan Tang, mantiene altissimo il livello lirico e performativo dei brani, ma allo stesso tempo riesce a portarli altrove, in quello spazio dove la memoria restituisce un riflesso dolceamaro.
Rock Tales sarà nuovamente sul palco della Biblioteca Ragionieri di Sesto Fiorentino
Mercoledi 26 Giugno con “Zeppelin Tales” (Ore 21:15)
Giovedi 11 Luglio con “Science Fiction Tales” (Ore 21:15)
La formazione è sempre la stessa: Valeria Caliandro (Piano, Voce) / Jacopo Meille (Voce) / Federico Piras (Chitarra, effetti, arrangiamenti e cori) / Cristiano Burgio (Attore).
Rock Tales è scritto da Cristiano Burgio e Giulia Rosini; la regià è di Cristiano Burgio.
L’evento fa parte di “Un Palco in biblioteca“, rassegna di teatro, musica e ascolto in programma alla Biblioteca Ragionieri di Sesto Fiorentino fino al 25 Luglio e parte di Sesto D’Estate.