giovedì, Dicembre 26, 2024

Róisín Murphy – Hairless Toys: la recensione

E fu così che Róisín Murphy tornò sulle scene dopo 8 anni di profondi silenzi dall’ultima pubblicazione in studio, anni durante i quali ci siamo aggrappati al ricordo della sua voce ammiccante e sofisticata facendo andare a ripetizione l’attacco soffuso di Overpowered, ingarbugliandoci nei disturbi jazzy di Ruby Blue, fino a tornare ancora più indietro con la memoria e attingere all’eldorado che va sotto il nome di Moloko.

Se si fa eccezione per l’EP del 2014 Mi Senti in cui la Murphy raggruppava 5 successi della musica italiana fra gli anni ’60 e ’70 (un contagio molto simile a quello di Mike Patton in Mondo Cane), la sua voce ha latitato parecchio le scene musicali. Anticipato dal singolo Gone Fishing, ispirato dalla visione di un film-documentario dal titolo Paris is burning, la novella fatica della bionda irlandese va sotto il titolo di Hairless Toys, otto brani che sfiorano l’ora di riproduzione. Ci si poteva aspettare che la nuova uscita sarebbe stata un taglio totale con il passato: Róisín è troppo autosufficiente per farsi compassare entro il ricordo dei miti che furono e continuare a vivere della buona rendita frutto della perfezione sintetica di Overpowered o del trip festaiolo di Pure Pleasure Seeker.

Nossignori. Chi sotto sotto spera di ritrovare un po’ di quella Róisín in questo Hairless Toys si sbaglia di grosso. Per il nuovo album la Murphy sceglie di descriversi come un’algida signora, ormai è il caso di chiamarla così, che non ha abbandonato il gusto per le piccole cose di talento, sceglie la via sensuale e minimal che devia verso un chillout downtempo nonostante qualche sferzata da elettronica anni ’80 che casca come un fulmine a ciel sereno a metà di Evil Eyes o nella successiva Exploitation. Eppure definire degnamente questo manufatto all’estro diviene più difficile con l’avanzare delle tracce e proprio quando sembra di aver colto il filo rosso che fa da collante all’album tutto viene scombinato. Ed è così che fanno il loro ingresso pezzi come Exile a rompere gli equilibri con un blues in piena regola o Unputdownable con la sua deriva acustica verso un folk sporcato di elettronica.

Sorniona,  rarefatta, regina indiscussa di uno stile minimal che vince per gli accostamenti arditi Róisín Murphy sigla un album che non rientrerà nei memorabilia, ma guadagna un passaggio di tutto rispetto verso il prossimo futuro grazie a quel tuffo nel passato  che stimola ascolti ripetuti.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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