Se siete fra quelli che ancora apprezzano e esercitano con dedizione tutte le varianti di un headbangers fatto col cuore, troverete ampia soddisfazione nell’ascolto di The Sun, album di debutto per Rubbish Factory. Duo romano che risponde ai nomi di Marco Pellegrino (batteria) e Gabriele Di Pofi (chitarra/voce), e che conferma come la formazione binaria si riveli – ormai da tempo- una disposizione più che efficace, soprattutto nella zona della capitale dove, assieme a nomi come Bud Spencer Blues Explosion e The Cyborgs, sembrano essere in ottima compagnia.
The Sun si snoda in ventotto minuti per un totale di undici tracce, un minutaggio scarnificato e ridotto all’osso per acuire il ritmo incalzante che investe l’interno LP. A partire dai tamburi di Bamsa (pezzo da cui è stato estratto il primo video dell’album) si possono intuire quali saranno i connotati dell’album, modellati da una batteria pantagruelica e dalla chitarra trita pietre. Un approccio martellante che scolpisce il profilo aspro di Rubbish Factory dove le influenze si sprecano: lo stoner alla Fu Manchu (Mountains and dragons), il passaggio annii ’90 alla Dave Grohl (Vick), il grunge paranoico degli Alice in Chains (Wires) fino allo sgambetto in stile QOTSA (Piece of cake). Rispecchiando appieno il titolo scelto, The Sun scotta, promette bruciature a chiunque gli si voglia avvicinare e, come tutto ciò che è nocivo, non può che essere affascinante.
Rubbish Factory riesce ad incarnare alla perfezione un determinato immaginario il cui perimetro racchiude scorci metropolitani, rovinìo post moderno, fascino misto ad amarezza del degrado urbano. The Sun è a tutti gli effetti un residuo bellico dove ruvidezza post punk incontra i riff paranoici di un blues psichedelico. Un disco barbuto, ma tranquilli, è la barba dell’incuria che qui troverete, non quella dell’ossessiva ricerca modaiola.
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