Saluto al nemico è il primo album di una band, gli AEDO, che ha già tre anni di vita. Nascono nell’estate del 2010. Sono sette e vengono dal Salento. Giovanni Saccomanno canta e suona la chitarra acustica. Eleonora Pascarelli è la voce femminile. Mauro Pispico suona la chitarra classica. Francesco Spada l’organetto. Giorgio Kwiatkoswski il basso. Chiara Arcadi il violino. Giuseppe Donadei le percussioni. Poi nel disco si aggiungono vari ospiti che introducono anche altri strumenti. Il violoncello, la viola, la diamonica e il didgeridoo (un lungo strumento a fiato degli aborigeni australiani). Non mancano neppure i cori.
Tra lirica e musica popolare gli AEDO suonano un sud fuori dal tempo. A tratti malinconico, a tratti tarantolato. Un sud che è vittima di ingiustizie e abusi, ma che riscopre nelle sue radici più classiche la forza di ribellarsi. In modo intelligente, e in alcuni momenti anche ironico. I versi degli AEDO spaziano dall’epica e dalla mitologia greca fino alle morti bianche e alla stretta attualità. Un linguaggio raffinato scorre liscio tra testi molto elaborati.
Acqua è il brano che apre l’album. Contrappone la purezza degli elementi naturali alla cultura del consumo e del profitto, che porta macchie di veleno e deruba gli uomini, educandoli allo spreco. La voce e le percussioni sono in primo piano. Giovanni Saccomanno interpreta il brano in modo particolarmente intenso. Gli AEDO si presentano immediatamente in tutta la loro complessità. E mettono in chiaro che non sarà un album facile.
Le tue mani è un duetto vocale con un ritornello molto melodico cantato a due. Giovanni Saccomanno e Eleonora Pascarelli si parlano l’un l’altra. La guerra finirà in un sogno. Le mani di lui saranno quindi libere di suonare per lei. I solchi tracciati dalla pioggia nel cuore di lei saranno l’unica trincea in cui lui si rifugerà. Però i suoi occhi “non possono più cancellare / la violenza sui deboli sgozzati all’altare”. Poi il brano finisce e quest’atmosfera poetica/melodica lascia spazio al ritmo tarantolato di Joele. Completamente diverso dal brano precedente, Joele è la canzone dei parassiti che sono “così impegnati a leccar culi a chi conviene” e a sentirsi “realizzati tra le braccia di puttane”.
Insomma, gli AEDO sono poetici ma non le mandano a dire. In Saluto al nemico emerge chiara l’insofferenza per le ingiustizie che gli uomini si sono trascinati dietro nei millenni. Nel brano Le orecchie del re “i porci si impegnavano a mangiare e digerire / sulla schiena dei pezzenti”. Le orecchie del re sono d’asino perché sono sorde al grido di malessere che viene dai sudditi. In La pancia del mostro gli AEDO si chiedono “cosa abbiamo perduto per costruire un tempio caduto”, e sottolineano che “stiamo ancora lavorando per la grande piramide del potere”. I contratti di lavoro sono scritti con il sangue e le “industrie di sogni producono veleni / entrano nella pelle / siamo già morti bianche”. E poi domandano: “cos’è che vuoi comprare se la vita l’hai spesa a lavorare ?”