domenica, Dicembre 22, 2024

Sophie Auster – Dogs and men: la recensione

In una recente intervista per un magazine di questi usa e getta, interessati a classifiche e liste più che alla sostanza, Sophie Auster mette insieme Mule Varations di Tom Waits, il dancefloor di Pretty young thing, la scrittura di Charlotte Brontë, l’arte di Giacometti, il cinema di Truffaut e la marijuana. Una tavolozza ampia, ma che in qualche modo sembra germinare da una relazione elettiva con il passato e con tutto quello che è storicizzabile nei grandi archivi della memoria. Era così per l’esordio del 2005, composto attraverso la lente di certa poesia francese supportata dalle traduzioni del padre Paul; continuava quel percorso dalle parti di ballads e torch songs con Red Weather, breve EP di 25 minuti pubblicato tre anni fa. I due lavori differivano certamente per ambizioni, sopratutto dal punto di vista strumentale, perché la miscela di folk, Jazz e country-rock ridotta a forma fragilmente confidenziale nell’esordio, trovava una solidità maggiormente pop in alcuni episodi dell’EP, uno su tutti Run Run Run, già più vicino ai modi con cui Aimee Mann e Fiona Apple hanno reinterpretato la tradizione americana.

Bad Manners, primo singolo del nuovo corso e traccia introduttiva di Dogs And Men è strutturalmente una torch song, ma ribalta la malinconia di un cuore spezzato in quell’ansia di vendetta che in modo diverso infondeva rabbia a Criminal di Fiona Apple ed erotico sarcasmo a Black Hearted love di Pj Harvey, ovvero rovesciando lo stereotipo della femmina in gramaglie per un più onesto e ferino testa a testa con il desiderio. Il videoclip diretto da Kainco segue le liriche per analogia e mostra tre modelli maschili di cui Sophie si prende gioco, assumendo lo stesso ruolo scomodo della Harvey nella già citata Black Hearted Love, quello della stalker.

E l’intenzione di ridicolizzare volutamente la battaglia tra sessi spezza in due con una lama il mondo dei cani da quello degli uomini; ai primi la Auster affida la dimensione del sogno dedicando un brano ad un piccolo compagno di viaggio (A Dream about Jack), mentre i bipedi erompono nella libertà onirica incrinando la stabilità del cuore.

Il dissidio tra ragione e sentimento viene descritto dall’artista americana con un’esperienza ormai acuminata nell’impiego delle liriche: dirette e allo stesso tempo ricche di sfumature.

Prodotto da Jared Samuel, l’universo sonoro di Dogs and Men risente solo in parte dell’approccio dream folk del giovane musicista di Long Island, già con i suoi Invisible Familiars e collaboratore di Cibo Matto, Marta Wainwright e altri artisti. La Auster si muove ancora tra folk, Jazz e quell’impostazione apolide del tutto newyorchese che da questi stessi generi cerca di far emergere elementi popolari, reminiscenze Weilliane e Jangle Pop, con una confezione sofisticata e internazionale che a tratti ricorda il songtelling di Elivs Costello quando incamerava le asperità di Marc Ribot per mitigare la romantica malinconia delle sue canzoni  (I’m Going Down,  Leave Me strange). Ma c’è spazio anche per il suono di Memphis tra country-rock e soul (Our Mistake) e sopratutto per quella parata di crooner al femminile che trova nell’ultima Peggy Lee un riferimento preciso, tra tradizione e decadenza, a conferma del fatto che gli ascolti collezionati da Sophie Auster durante l’adolescenza, si sono trasformati in una scrittura personale, convincente e matura.

Sophie Auster – Bad Manners (Dir. By KAINCO)

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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