lunedì, Dicembre 23, 2024

Steven Wilson, quattro date in Italia tra il 26 aprile e il 13 luglio

La carriera di Steven Wilson, tra quelle che affondano le radici nei seminali anni novanta, è una delle più ricche e proteiformi. Trent’anni di attività inaugurati con il progetto Porcupine Tree, band destinata a successivi innesti ma lanciata come progetto che già ruotava quasi esclusivamente intorno alla creatività del musicista di Hemel Hempstead. Il modo in cui Wilson ha elaborato in questi anni il suo amore per la psichedelia e per la scena di Canterbury non si è mai cristallizzato entro la cornice di un modello, perché ambient, pop, Jazz e anche l’elettricità satura di un rock magniloquente e cinematico hanno attraversato tutte le uscite successive ai Porcupine Tree tra cui i No Man, progetto condiviso con Tim Bowness, ma anche I.E.M., Bass Communiun ed infine Continuum, dove la presenza di uno scheletro pop veniva arricchita da forme più di frontiera e sperimentali.

Quello di Wilson è quindi un suono fatto di moltissimi elementi, riconoscibile e allo stesso tempo inafferrabile proprio in virtù delle modalità “trasparenti” che si sono sovrimpresse tra un progetto e l’altro. Il suo stesso percorso solista è il frutto e la somma di tutti questi elementi, ma emerge per qualità narrative più definite, una solidità di impianto che con il penultimo, splendido, “Hand. Cannot. Erase” parte dall’osservazione del reale per raccontare storie che in precedenza rimanevano ancorate ad una dimensione maggiormente spirituale e immaginifica. Questa dimensione non scompare e ancora una volta il reale è semplicemente un innesco, un dispositivo per consentirci di intraprendere un viaggio psichico nella memoria (Perfect life), in una storia d’amore schiacciata dal quotidiano (Hand Cannot Erase) e nel quotidiano che diventa un macigno pesantissimo (Routine), fino a raccontare l’invasione oscena dello sguardo dei mezzi di condivisione di massa che sorveglia e modifica il flusso delle nostre vite, descritto con profonda e semplice immediatezza (Home invasion)

Sorprende che alla base di questo quarto album solista per Wilson, pubblicato ancora per Kscope, ci sia un fatto di cronaca così preciso come quello che si riferisce a Joyce Carol Vincent, la cui morte solitaria nel suo appartamento Londinese avvenuta nel 2003, fu scoperta dalle autorità solamente tre anni dopo. La vicenda della Vincent dischiude in modo drammatico l’isolamento e l’alienazione esperita dagli individui nel mondo abitato dalle tecnologie “sempre connesse” e ha ispirato un documentario diretto nel 2011 da Carol Morley che cercava di ricostruirne la storia, mentre al contrario Wilson parte dai fatti, li rende universali e va più a fondo di un qualsiasi documentarista.

L’ultimo album dell’artista inglese intitolato 4 1/2 è uscito lo scorso gennaio 2016 e rappresenta la sintesi di un percorso, sia per la durata più breve (quaranta minuti in tutto divisi per sei tracce) ma anche per la lavorazione stessa, sviluppatasi come interstizio tra l’album precedente, alcune tracce “orfane” sfuggite ai due ultimi lavori, canzoni mai pubblicate e le sessions di “Hand. Cannot. Erase” a rappresentarne il nucleo creativo originario. L’album, definito sin dal titolo come “un mezzo album” si chiude con una nuova versione di Don’t Hate me dei Porcupine Tree, operazione di rilettura che Wilson attiva molto spesso (basta pensare alla nuova versione di “Lazarus“). Ma è la casualità la forza combinatoria di tutto il lavoro, atto creativo che auto-svela la scrittura di Wilson, mettendola a nudo in una forma tra le più sincere disponibili.

Steven Wilson – Perfect life (official video)

Dal vivo Wilson sarà in Italia per quattro date, due ad aprile e le restanti a metà luglio. Apre oggi al Politeama Rossetti di Trieste per proseguire domani 27 aprile all’Obihall – Teatro di Firenze. Tornerà dalle nostre parti il 12 luglio all’Anfiteatro del Vittoriale a Gardone Riviera (Brescia) e il 13 luglio all’Arena Beniamino Gigli di Porto Recanati (Macerata).

Nei recenti concerti europei Wilson ha eseguito interamente “Hand.Cannot.Erase” e l’ultimo album, offrendo al suo pubblico numerosi salti verso i brani più oscuri dei Porcupine Tree (Dark matter, Sectarian, Index, Grace for Drowning) oltre ad un sentito tributo a David Bowie con la versione di Space Oddity cantata in coppia con la cantante israeliana Ninet Tayeb, già voce nei suoi due ultimi lavori.

Steven Wilson – Space Oddity – ft. Ninet Tayeb

Tra i progetti futuri di Wilson, uno annunciato lo scorso 15 aprile sulla pagina facebook che raccoglie le sue esperienze come “remixer”. Il suo lavoro di rimasterizzazione di grandi classici del pop, una delle tante attività del nostro, lo vedrà collaborare con Andy Partridge per una versione 5.1 di Skylarking degli XTC. Anche questo approccio filologico alla musica, legato alla natura dei suoni e alle loro nuove possibilità, è in qualche modo parte della sua opera come autore.  “Hand. Cannot. Erase” è  un lavoro che oltre alla commozione emotiva, alla vicinanza con la realtà e alla sua trasfigurazione tridimensionale, presenta quella cura nei suoni che ci consente di avvicinarci ad un oggetto che non può essere velocemente scaricato dalla rete; la diversa posizione dei suoni nello spazio nella musica di Wilson ha una qualità narrativa molto precisa e ci racconta quello che le parole non possono dire.

Proprio per questo ci aspettiamo un live intenso e curatissimo, tra corpo e spirito.

Steven Wilson 4 1/2 – Trailer

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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