Le posizioni di Stevie Nicks sull’interruzione volontaria di gravidanza sono note. Prima delle presidenziali 2020 aveva raccontato la sua esperienza con l’aborto avvenuta nel 1979, durante la relazione con Don Henley, motivando le ragioni di una libera scelta. “Se Trump vincesse le elezioni – aveva dichiarato con convinzione alla stampa – le donne tornerebbero ad abortire clandestinamente nei vicoli“.
La sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del 24 giugno 2022 ha concretizzato queste paure. Viene abolita quella storica del 1973 che riconosceva alla texana Norma McCorvey il diritto di abortire, e che aveva garantito il diritto costituzionale all’interruzione di gravidanza, con la conseguente legalizzazione. Diventa adesso discrezionale la possibilità che gli Stati proibiscano l’aborto, con una contrapposizione netta tra realtà più liberali e altre a guida repubblicana, dove di fatto sono già in atto alcune restrizioni. Si prefigura quindi uno scenario inquietante, dove le donne che intendessero avvalersi del diritto all’interruzione di gravidanza, nel migliore dei casi sarebbero costrette a recarsi in quegli stati dove le procedure abortive sono ancora legali.
Dopo undici anni di assenza, Stevie Nicks torna con un brano inedito interamente ispirato al diritto all’autonomia e all’autodeterminazione delle donne, rielaborando le forme di quel femminismo che nella carriera della musicista dell’Arizona è sempre stato implicitamente presente.
The Lighthouse, brano scritto con Magnus Birgersson e Vincent Villuis, arriva in un certo senso a sorpresa e sancisce la collaborazione con Sheryl Crow, qui al basso e alla chitarra, che si era concretizzata altre volte, basta ricordare la nuova versione di Sorcerer del 2001, brano originariamente scritto da Nicks nel 1984 per la colonna sonora di Street of Fire, ma inciso da Marilyn Martin.
Sfruttando un immaginario sonoro e visuale desunto dal metal degli anni ottanta, è proprio il video a reagire con l’allusività delle liriche, dove si descrive una lotta di potere tra la libertà di scelta e l’ombra oscura della repressione. Nicks diventa la guardiana del faro, capace di illuminare la via durante le tempeste più furiose. Dal buio emergono identità femminili e i loro corpi. Vengono aggregati tutti i segni della militanza più recente, anche quella che si innalza dai territori dove l’autocrazia uccide le proprie figlie.
Clip immediato, diretto e potente, ma assolutamente impossibile in un paese come l’Italia, dove nonostante lo strapotere degli obiettori in alcune regioni, la cui concentrazione snatura in molte occasioni il libero accesso all’aborto, la massima autorità religiosa può evidentemente permettersi da una terra straniera di giudicare e definire come “sicari” i medici che con difficoltà crescente, cercano di svolgere il proprio dovere secondo i diritti sanciti della legge 194.
Emerge una linea preoccupante che dalle istituzioni religiose alle forme politiche transnazionali più illiberali, derubrica i diritti fondamentali ad una decadente bizzarria dell’occidente.
Quello di Stevie è allora un voodoo necessario per ritrovare il fuoco della libertà, una “blue lamp” accesa nella notte.