giovedì, Novembre 21, 2024

Strand Of Oaks – Heal: la recensione

Timothy Showalter è il tuo compagno di classe delle medie un po’ strano. Quello che i tuoi compagni fighi pigliavano per il culo per quell’aria freak e trasandata, probabilmente anche perchè si vestiva in modo opinabile. Quello che se ne stava sempre in disparte, che non sapevi mai se rivolgergli la parola perchè la risposta (se c’era) ti avrebbe sicuramente spiazzato.
Poi dopo un tot di anni scopri che suona, che scrive canzoni  sotto il moniker Strand Of Oaks. Pubblica dischi, addirittura. Dapprima in quello stile Indie Folk parecchio intimista che aveva fatto il boom anni fa (Bon Iver, Iron And Wine, Band Of Horses); poi arriva questo Heal, sorta di autoterapia sul difficile periodo della sua adolescenza alienata ed alienante, tra litigi con i (pochi) amici, rapporti complicati con l’altro sesso, droga, alcool e famiglie un po’ alla cazzo.
Heal è un disco sconclusionato, apparentemente senza capo né coda, però dotato di un suo fascino: quello della confessione vomitata senza se e senza ma, utilizzando differenti codici musicali, presumibilmente tutti quelli ascoltati durante il periodo in questione. C’è quindi il fragore dei chitarroni alla Dinosaur Jr ( ospite alla chitarra c’è appunto J Mascis) nell’iniziale Goshen ’97, carica di odio adolescenziale chissà da quanto trattenuto e però melodica e graffiante come una perfetta guitar band anni 90. Chitarroni ancora presenti in JM, dedicata a Jason Molina, forse il miglior brano del lotto, tra boati chitarristici e saliscendi carichi di pathos, loudness e senza fine, proprio come un ibrido tra Molina e J Mascis, in cui Showalter sembra voler catalizzare tutto il disagio e la malinconia provati in quegli anni. Poi ci sono i pezzi dove il synth la fa da padrone, e dove purtroppo bisogna registrare una certa carenza a livello di arrangiamento e di idee melodiche; fa eccezione la conclusiva Wait For Love, ma la title track e Same Emotions, posizionate quasi ad inizio scaletta, non avevano lasciato particolari impressioni positive. Così come non ne lascia l’Indie Pop ruffiano con i coretti alla Arcade Fire di Woke Up To The Light. Quando Strand Of Oaks lavora per sottrazione, come in Shut In (semplice ma dotata di un’epica americaneggiante il giusto) e Plymouth, riesce ancora a regalare emozioni.

Heal è un disco esagerato, strabordante, a tratti zoppicante, alcune volte esaltante, però sempre disperatamente sincero. Date una chance al vostro vecchio compagno di classe.

Denis Prinzio
Denis Prinzio
Denis Prinzio è bassista di numerose band underground ora in congedo temporaneo, scribacchino di cose musicali per sincera passione, la sua missione è scoprire artisti che lo facciano star bene.

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