Alessandro Fiori e Lorenzo Maffucci sono due personaggi che è poco definire poliedrici: la musica per loro è ben più che nutrimento, è un campo da gioco sterminato in cui le regole sono pressoché assenti e comunque del tutto subordinate alla volontà dei giocatori. All’interno della nuova realtà Ibexhouse, vera e propria residenza per artisti, allestita dallo stesso Fiori nel suo buen retiro casentinese, ogni percorso personale degli artisti coinvolti ha assunto nuova e decisiva linfa, a partire dai rispettivi progetti solisti. Ovvio che le due anime dovessero cristallizzare il sodalizio in una nuova creatura, che risponde al nome di Stres, con una sola “s”, perché “due erano troppe”, secondo le parole degli artisti stessi; ed altrettanto naturale che l’album, vero e proprio sfogo e rifugio da una realtà assurda, risponda al titolo di New Relax. Se il mondo è assurdo, altrettanta assurdità va opposta ad esso. Detto fatto.
Il disco di esordio del progetto, in cui figura anche Silvia Facchetti, “la più punk di tutti e tre”, è una perfetta simbiosi dell’indole anarcoide dei due protagonisti, la cui attitudine alla scrittura e all’interpretazione, da sempre fortemente surreale e visionaria, trova una forma espressiva in cui vale tutto e niente, liberissima nello snodarsi in mille potenziali altre strade.
Canzoni (o semplici abbozzi) che parlano di tutto e di niente, di scorregge (Terme) come di manga giapponesi (Manga), di decessi casuali (Come un morto in più), di viaggi in non-luoghi e in non-situazioni (Location), Nicole Kidman (!!!) e altre mille situazioni (im)probabili, messe in scena con un’attitudine lo-fi che fa dell’esiguità di mezzi e della spontaneità un punto di forza, grezza oltre ogni dire nell’approccio ma mai sgangherata o raffazzonata nel risultato, con il confortante corollario di non prendersi mai sul serio.
Chitarre acide e melodie dissonanti (per quanto la scrittura di Fiori sia riconoscibilissima), drum machine essenziali, tastiere grottesche e un utilizzo delle voci mai convenzionale sono gli elementi che, giustapposti tra loro, dipingono un quadro surrealista distorto, ghignante e terribilmente divertente, in cui convivono l’attitudine paranoica dei Pere Ubu, la stralunata apatia di Beck e la vena dissacrante di Flipper e Pixies: un disco pensato (ma nemmeno troppo) per non pensare, un New Relax, per l’appunto. Simile a mille altre cose, ma a suo modo assolutamente originale, liberatorio nella sua attitudine al cazzeggio e comunque abilissimo nel fingere di ingraziarsi un pubblico abituato a prodotti ben più innocui.