venerdì, Novembre 22, 2024

Sunn O))) – Kannon: la recensione

Sono passati sei anni da quando le basse vibrazioni dei Sunn O))) si sono dissolte nella tromba che chiudeva sommessamente “Alice”, brano conclusivo di “Monoliths and Dimensions”. Dal 2009 quelle frequenze non si sono mai spente, riemergendo spesso attraverso collaborazioni che il duo O’Malley/Anderson ha costruito con act come Nurse With Wound, Ulver e Scott Walker, rivelandosi fra l’altro tra i capitoli più interessanti della loro discografia.

Ma non è finita qui: nel mezzo, trovano spazio anche tre live album (fra cui uno registrato al Primavera Sound), uno split con Alan Vega e Stephen Burroughs e giusto per non farci mancare nulla, ben sessantasette bootlegs in free download che coprono un arco di tempo dal 2002 ad oggi.

A tutto ciò bisognerebbe anche aggiungere i vari progetti solisti e collaterali della premiata ditta O’Malley/Anderson, come Gruidés composto per un’orchestra da trentacinque elementi, o i Goatsnake, autori di “Black Age Blues” album doom che ha riscosso parecchio successo nella scena; in sostanza che li si ami alla follia come certi fan acritici fanno etichettando ogni uscita come geniale, oppure li si critichi per la musica “vuota e inconsistente”, è innegabile che il progetto Sunn O))) è uno dei più attivi nel panorama underground d’avanguardia, denotando una totale dedizione alla causa da parte dei due membri principali.

Inoltre, aspetto assolutamente non di secondo piano, il progetto è riuscito ad ampliare assai i confini di un genere, il metal, facendo riscoprire ad un’intera generazione la lezione sonora dei veri padri del drone metal, gli Earth di Dylan Carlson. Se oggi è tutto un pullulare di bands stoner e doom, e i dischi dei Black Sabbath vengono venduti addirittura nelle edicole, è anche merito loro.

L’ottavo album a nome Sunn O))) si intitola “Kannon” e vedrà la luce il prossimo quattro dicembre, portandosi dietro tutta questa ingombrante responsabilità. Greg Anderson e Stephen O’ Malley decidono di affrontarla contrapponendole un disco per certi aspetti ambivalente: esternamente duro come la nera roccia di ossidiana, ma all’interno malleabile e fluido come la ceralacca calda. L’opera, concepita come un unico brano ma suddivisa in tre movimenti con una media di circa dieci minuti ciscuno, appare principalmente spogliata di tutte le sperimentazioni e variazioni che il gruppo ha apportato da “Monoliths and Dimensions” in poi, risultando più essenziale e diretta negli arrangiamenti. Se fino a pochi anni fa la chitarra e il basso erano stati affiancati da altri strumenti e dai cori, arricchendo la tavolozza sonora dei Sunn O))), in “Kannon” questi due strumenti tornano ad essere i protagonisti come nei primi dischi quali White1 e White2, con sottili affinità che gli ascoltatori di lunga data potrebbero trovare addirittura nei demo “The Grimmrobe Demos”, da sempre nel dna del gruppo. Dall’ultimo periodo i Sunn O))) prendono quella capacità, portata ormai ad alti livelli, di sintetizzare egregiamente potenza sonora e scrittura, di riuscire a dare una forma ben definita a quell’ammasso lavico che si riversa dai loro amplificatori, controllando e dosando come attenti alchimisti, feedback e onde sonore per sottometterle al tipo di atmosfera che desiderano. Questa necessità di raggiungere una certa essenzialità nel songwriting sembra quasi rispecchiata dal titolo: “Kannon”, in giapponese indica la pietà del Buddha, denotandolo come “dio della misericordia” o colui/colei che “percepisce il suono (o il pianto) del mondo”.

L’atmosfera, come al solito, è altamente ritualistica, ma mai come in questo caso sembra di assistere in particolare ad una messa: “Kannon 1” raccoglie le sommesse note altrimenti destinate al silenzio della sopracitata “Alice”, amplificandole man mano ed esplodendo in pochi accordi di chitarra catartici e liberatori come un Om tibetano. Nel brano, così come in tutto l’album, la voce di Attila Csihar aggiunge quel tocco maggiormente inquietante e demoniaco senza strafare, regalando alla fine quella che risulta essere la migliore prova da quando è nata la sua collaborazione con i Sunn O))).

Ad accompagnare il duo americano, ritroviamo inoltre alcuni compagni di vecchia data, come Oren Ambarchi, Rex Ritter e Steve Moore che sottolineano particolari momenti o caricano di pathos determinati passaggi, senza mai rubare la scena alle chitarre e ai bassi di Handerson e O’Malley. Il secondo movimento ci introduce nel vivo rituale dei Sunn O))): la chitarra detta il ritmo, dando al brano una connotazione messianica, mentre la voce si fa declamatoria e lamentosa. “Kannon 3” avvolge infine l’ascoltatore in un’atmosfera più nebulosa e quasi allucinata, ricordando molto quella del brano “Cannon” contenuto nel live del 2008 “Domkirke”.

Dopo ripetuti ascolti si ha come l’impressione che il tempo passi meno lentamente e che a conti fatti non si arrivi sfiancati ed esausti alla fine; questo perché “Kannon” è molto più digeribile e “leggero” rispetto ad altri album del gruppo, meno interessante dal punto di vista sonoro e meno ricco, ma di certo dotato di forte personalità e fascino. Fascino che ha spinto O’Malley ed Handerson a declinare quest’ultima loro creatura da due ulteriori punti di vista; quello visivo, commissionando alla designer svedese Angela Lanfor Bolliger la copertina del disco che ha disegnato una creatura polimorfa e malleabile ma se sollecitata, anche dura e resistente; concettuale, grazie all’apporto critico di Aliza Shvarts, studiosa presso la New York University che si è occupata d’indagare il rapporto fra la musica di “Kannon” e il suo tema principale, così come quello fra i Sunn O))) e la scena musicale contemporanea.

Forti dello status di personaggi di culto di cui ormai godono da tempo, Greg Anderson e Stephen O’Malley sono riusciti a comporre un album che seppur collocandosi un gradino sotto ad altri audaci esperimenti condotti in passato, ribadisce con forza l’unicità dei Sunn O))) all’interno del panorama d’avanguardia e in particolare, del metal più di confine. “Kannon” non costituirà niente di nuovo per chi già conosce il duo di Seattle, facendo comunque il punto della situazione sulla loro musica, ricordandoci e ricordando anche ai Sunn O))), che ogni tanto bisogna spogliarsi del superfluo per poter continuare a creare.

Carlo Cantisani
Carlo Cantisani
Carlo Cantisani si occupa di musica estrema in tutte le sue declinazioni. Doom, avant, sperimentale, stoner, psych. Oltre che per indie-eye scrive per altre realtà di settore e suona il basso. Laureato a Pisa, sua città di residenza, in discipline umanistiche, prosegue gli studi magistrali in campo filosofico e antropologico.

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