venerdì, Novembre 22, 2024

Supertempo – 29: la recensione

L’egida del gruppo in questione, Supertempo, è uno di quei casi di nomi parlanti, dove l’espressionismo del titolo è un chiaro riferimento al contenuto interno. Rapidi, dinamici, con il grip del garage-punk e la chitarra rullante di certo folk americano, queste le caratteristiche che marcano i connotati di Supertempo e del loro ultimo LP dal titolo 29. 

Quattordici tracce in cui si snodano gli evidenti richiami e album da ascolti affezionatissimi a cui i Supertempo più o meno consciamente hanno attinto. Dalle imprescindibili lezioni alla Rolling Stones, alla più recente vena accidiosa alla Pete Doherty al secolo dei The Libertines, passando per un immancabile Bob Dylan. Riferimenti che vengono elaborati e aggregati nella mistura di 29 e restituiti in ballate orecchiabili e di effetto immediato. Forse a pagare lo scotto per la trasparenza della forma canzone è la capacità di articolare delle strutture meno prevedibili e commerciali che a volte restano imbrigliate nella bellezza scarna e giovanile del punk. Ma del resto, sembra piuttosto che chiaro che il punto di forza su cui i Supertempo puntano e vogliono puntare è proprio questo: concretezza e pochi fronzoli, come se volessero ribadire e sottolineare la bellezza delle cose abbozzate e un po’ trasandate. A conferma di ciò, si possono cogliere vari suggerimenti disseminati in 29: distorsione della voce, registrazioni sulla scorta de “buona la prima”, minutaggio ridotto all’osso, batteria martellante. Non è un caso che i pezzi meglio riusciti di 29 siano proprio quelli che sintetizzano questi aspetti; la nostalgica morbidezza di Steve, il surf di You’re Always Late, la punkeggiante Badball o l’albionica Blue Rock.  29 è un buon secondo tempo che esce a poco distanza dall’esordio Brother sun, Sister moon. Per i prossimi capitoli, ci aspettiamo che il carpe diem dei Supertempo possa trovare il giusto proseguo al di là dell’arco delle 24 ore.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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