Uno degli appuntamenti più attesi dell’Estate Fiesolana quello con la cantautrice californiana, ma newyorchese d’adozione e per attitudini.
Esplosa artisticamente a metà degli anni ottanta, quando Madonna e Cindy Lauper aggredivano la scena pop con un’estetica potente che ridefiniva i confini femminili nell’industria discografica, Suzanne Vega mostrava l’altro lato, mettendo al centro una ricercata sottrazione nella scrittura e nella costruzione della propria immagine. Folk già contaminato dalla morfologia più geometrica del pop, il suo si caratterizza per un’attenzione estrema al dettaglio, alle storie minime, alle forme del racconto letterario, al bozzetto cristallino e tagliente.
Luka, uno dei suoi brani di maggior successo, raccontava l’abuso subito da un ragazzino e mostrava formidabili capacità di osservazione, vicine a quelle di una scrittrice.
Cresciuta in un contesto interculturale, passa attraverso una complessa e dolorosa storia identitaria nel riconoscersi e separarsi dalle radici portoricane adottive, un disorientamento che l’ha accompagnata fino a vent’anni, dentro e fuori dai confini dello Spanish Harlem.
Questo retaggio le consente di superare l’ecosistema asfittico della canzone d’amore, per ampliare le prospettive di un sentimento interiore più oscuro e sfaccettato, che spesso nasce dal dolore.
Poetessa urbana, mette in versi i colori cangianti riflessi dalla superficie cittadina e sfrutta l’apparente semplicità dell’ordito per descrivere tutte le manifestazioni dell’esistenza, in un viaggio che spesso illumina paesaggi emotivi sospesi tra onesta crudeltà e speranza.
Il suo primo album pubblicato nel 1985 e intitolato semplicemente Suzanne Vega, nasce parzialmente sotto il segno dell’essenzialità di Leonard Cohen e di Judy Collins, l’eleganza di Laura Nyro ma anche la street poetry di Lou Reed, declinata con una profonda mutazione di sguardo e prospettive, tanto da aprire la strada a tutto il folktelling femminile che sarebbe esploso negli anni successivi, basta pensare a quelle figure artistiche sospese tra autonomia e industria come Tracy Chapman, Michelle Shocked, Shawn Colvin, Edie Brickell, le Indigo Girls.
La produzione di Lenny Kaye del Patti Smith Group e di Steve Addabbo, sodale di Shawn Colvin, infonde al disco un minimalismo originale che si radicalizzerà con il successivo Solitude Standing del 1987. L’album, che ha compiuto 35 anni nel 2022, è un vero capolavoro, per il modo in cui elabora un linguaggio sonoro di transito, consegnandoci un’ibridazione unica che già contiene le sperimentazioni successive sulla forma canzone, portate a compimento insieme a Philip Glass.
Più di Days of Open Hand, terzo e sottovalutato album che introduce l’ultimo decennio del novecento per Suzanne Vega, ci piace citare Songs For Liquid Days, la raccolta di canzoni firmate da Philip Glass e uscita un anno prima di Solitude Standing. In quell’album, Vega condivide la scrittura di Lightning e affida la voce a Janice Pendarvis. Ed è un esempio della meticolosa attenzione al linguaggio della musicista americana. Il miracolo Glass-Vega si ripeterà con un brano come Fifty-Fifty Chance, contenuto nel già citato terzo album, dove le ripetizioni orchestrali arrangiate dal grande compositore inseguiranno la frammentazione emotiva, tensiva e fonetica delle parole, sonda dolcissima e terribile spinta sulla soglia della morte.
Non sarà meno radicale il cambiamento introdotto dalla collaborazione con Mitchell Froom. Dei due album prodotti dal tastierista dei Crowded House, 99.9°F è il più coraggioso. Ad eccezione di Blood Sings, Song of Sand e Private Goes Public, incursioni acustiche vicine addirittura alla forma del 1985, l’album immerge la scrittura di Vega in un crossover elettronico affascinante che sembra andare nella stessa direzione sintetica che affronteranno gli U2 con Zooropa, album uscito l’anno successivo.
Vega cambierà produttore per ogni album seguente fino a Beauty And Crime del 2007, il primo e unico inciso per la prestigiosa Blue Note, per il quale ha ottenuto un Grammy, assegnato a Jimmy Hogarth per la miglior produzione. Si tratta di un disco solidissimo e tradizionalmente inserito nella scrittura della prima Vega, a cui Hogarth infonde una sostanza rock-blues e Americana più decisa. Vega si conferma come una narratrice di classe, capace di passare da un registro all’altro con abilità e profondità.
I due ultimi album della grande musicista americana entrambi prodotti da Gerry Leonard, proseguono solo parzialmente il discorso. Tales from the Realm of the Queens of Pentacles riafferma le intuizioni del precedente con sonorità più aspre e dirette, mentre Lover, Beloved: Songs from an Evening with Carson McCullers del 2016, dedicato alla scrittrice americana più amata da Vega, è opera ambiziosa e ispiratissima che ha assunto, durante il suo sviluppo, una dimensione transmediale tra teatro, poesia e cinema.
Ed è proprio con Gerry Leonard che Suzanne ha compiuto un ampio tour celebrativo, culminato il 10 marzo del 2022 con una dedica intensa alle sofferenze del popolo ucraino. Sul solco di due brani dal suo repertorio, Rock in This Pocket (Song of David) e Song of Sand, entrambe war songs diversamente concepite, ha improvvisamente dato alla luce Last train from Mariupol, comparsa nella setlist alla fine di settembre di quell’anno. Scritta il giugno precedente ed eseguita in duo con Leonard, è diventata un video estemporaneo, girato da Vega nella forma del ritratto intimo nella camera d’albergo dove alloggiava a Parigi, in occasione delle tre date fissate alla Cité de la musique.
Definita come filastrocca a partire dalla struttura e dalle liriche, come scrivevamo è l’immagine dell’assenza di Dio restituita dalla cruda realtà di un report giornalistico di guerra, suggestione che la cantautrice trasforma con il suo consueto metodo poetico, nella presenza di Dio stesso sul treno, mentre lascia la propria terra insieme al popolo.
An intimate evening of songs & Stories è il titolo dell’evento che andrà in scena nella cornice del Teatro Romano di Fiesole il prossimo 14 luglio alle 21:15.
Per Suzanne Vega non c’è divisione netta tra le due, esattamente come il diaframma tra racconto e verità.
Il palco sarà ancora una volta condiviso con Gerry Leonard, in un dialogo tra acustico ed elettrico, jam e struttura. Sarà un’occasione unica per ripercorrere nel modo più diretto ed essenziale la qualità della sua scrittura, da Marlene on the wall a Solitude Standing, da Left of Center a I Never Wear White, fino all’omaggio destinato a Lou Reed con un’intensa versione di Walk on the Wild Side che per il momento non è mai mancata durante i bis degli ultimi concerti. Non vediamo l’ora.
I biglietti per il concerto sono venduti per quanto riguarda il primo settore a 28,75 euro, mentre il secondo settore è a 23 euro. Sono disponibili sul sito ufficiale www.estatefiesolana.it, sul circuito www.ticketone.it (tel. 892.101) e nei punti Box Office Toscana (www.boxofficetoscana.it/punti-vendita – tel. 055.210804).
[Immagini e Materiali stampa forniti da Ufficio Stampa dell’Estate Fiesolana – Marco Mannucci]