domenica, Dicembre 22, 2024

The Clearing: una conversazione con Rachel Grimes

Rachel Grimes è una delle musiciste più importanti degli ultimi vent'anni. Dal 1995, con i suoi Rachel's ha scritto alcune delle pagine più belle della musica strumentale a cavallo tra gli anni novanta e il nuovo millennio. A sei anni di distanza dal suo debutto solista con "Book of Leaves" e dopo una serie infinita di progetti, Rachel Grimes torna con un nuovo album di inediti in uscita per Temporary Residence Ltd. "The Clearing" la vede nuovamente a capo di un numeroso ensemble di musicisti e collaboratori, occasione per una lunga conversazione con la musicista del Kentucky, alla scoperta della sua musica.

Rachel Grimes è probabilmente una delle musiciste più importanti degli ultimi vent’anni, la sua musica ha rappresentato una parte fondamentale e allo stesso tempo un’eccezione nella scena musicale di Louisville, il capoluogo della contea di Jefferson nel Kentucky dove si sono sviluppate quasi tutte le genealogie più creative che nei primi anni novanta, per comodità e convenzione, venivano inserite in quel contesto musicalmente apolide noto con l’etichetta di post-rock. I Rachel’s, l’ensemble fondato dalla stessa Grimes insieme al compianto Jason B. Noble e a Christian Frederickson, dal 1995 al 2005 pubblicano cinque album che riconfigurano radicalmente le possibilità della musica strumentale, fondendo neoclassicismo con la sperimentazione freeform, l’impressionismo musicale dei primi anni del novecento con la reinvenzione di quei paesaggi sonori che dalla musica concreta passano attraverso le numerose declinazioni delle avanguardie. Al centro, il piano di Rachel Grimes che dopo la fine del progetto condiviso con Noble e Frederickson, torna a sei anni di distanza dall’ultimo album dell’ensemble con il suo primo album solista, il bellissimo Book of leaves, prova per solo piano, fortemente intimista e caratterizzata da una brevità in termini di durata , che evidenzia il cuore più limpido del progetto Rachel’s. È solo l’inizio di una nuova avventura musicale, che fino ad oggi ha visto la musicista del Kentucky cimentarsi in numerosi campi di sperimentazione, dalla musica per il cinema, alla scrittura per ensemble complessi, per arrivare ad un nuovo album di inediti di prossima uscita, previsto il 26 di maggio su Temporary Residence Ltd. e intitolato “The Clearing“.

Registrato con un nutrito gruppo di collaboratori, tra cui spiccano i nomi di Loscil (Scott Morgan), Kyle Crabtree (Shipping News), Christian Frederickson (Rachel’s) e Jacob Duncan (Liberation Prophecy) “The Clearing” è un lavoro che per certi versi vede nuovamente la Grimes cimentarsi con un contesto strumentale vicino all’esperienza dei Rachel’s, ma che allo stesso tempo porta avanti quelle intuizioni verso universi sonori inediti.

Attraversato da un vero e proprio tessuto connettivo creato dai soundscapes di Scott Morgan (Loscil) e ispirato agli elementi “aerei” della natura (il vento, il cielo…), il nuovo lavoro di Rachel Grimes oscilla tra rigore compositivo e libertà improvvisativa, candidandosi come uno degli album più intensi del 2015.

Per questo motivo, ma anche per la passione con cui abbiamo seguito negli anni la sua musica, non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di una lunga conversazione con Rachel Grimes, durante la quale l’artista americana ci ha raccontato la genesi del progetto, la composizione dei brani, ma anche il suo rapporto con la musica scritta per le immagini, la sua formazione musicale e il modo in cui l’approccio performativo allo strumento, diventa per lei un gioco capace di creare un coinvolgimento diretto con gli ascoltatori più attivi.

Per chi scrive, la musica di Rachel Grimes ha davvero il valore di un ponte verso l’infanzia, quando mia madre suonava più spesso il piano e sin da bambino assimilavo le forme di una musica di cui, fortunatamente, intuivo senza conoscerle le forme di una relazione im-mediata tra i suoni della natura e l’invisibile.

Sono passati sei anni dalla pubblicazione di “Book of Leaves”, in questo lungo periodo fino alla produzione di “The Clearing”, hai sperimentato moltissimo. A partire da una nuova revisione di “Book of Leaves” (Compound Leaves) fino alla composizione di un progetto che partiva dalle immagini (Marion County), passando per numerose performance live. Quanto di queste esperienze hanno contribuito allo sviluppo del tuo nuovo lavoro, e cosa ti ha spinto a lasciare la forma intima di “Book of leaves” per tornare ad un suono più stratificato e condiviso con un ensemble, come ai tempi dei Rachel’s?

Si, ho occupato molto del mio tempo sperimentando con diversi tipi di ensemble, così da entrare nel processo della composizione di nuova musica lungo tutti questi anni. In termini temporali, può sembrare che tutti questi eventi siano avvenuti seguendo una scansione lineare, ma in realtà tutte le date che si riferiscono alle registrazioni dei nuovi brani riflettono solo parzialmente l’ordine della loro creazione; molto lavoro è avvenuto simultaneamente. Ho cominciato a scrivere materiale per solo piano quando i Rachel’s erano ancora in attività. “Book of leaves” era una raccolta di brani sui quali avevo lavorato in modo sporadico tra il 2005 e il 2008, e dopo un paio di tentativi di registrazione, finalmente ho inciso il materiale durante l’estate del 2008. Nell’inverno del 2009 mi era stata commissionata la colonna sonora per un cortometraggio muto realizzato da Wallace Kelly durante il 1938 nel Kentucky e intitolato “Our Day” e ho composto la musica nei primi mesi del 2010. Anche in questo caso mi ci è voluto un po’ per portare a termine l’intera partitura e per reclutare tutti i musicisti utili alle registrazioni, che si sono svolte nell’estate dell’anno successivo. Da questo lavoro ho auto-prodotto il DVD/EP che veniva distribuito durante un tour per tutta Europa nell’inverno di quell’anno. In contemporanea, tra il 2009 e il 2010 ho cominciato a lavorare su una serie di pezzi da camera che poi sono diventati “Transverse Plane” e “The Clearing”. Tra il 2011 e il 2014 mi sono occupata di altri progetti di grandi dimensioni che hanno preso buona parte del mio tempo, tra cui comporre musica per installazioni museali negli Stati Uniti e scrivere gli arrangiamenti per coro e orchestra di alcune composizioni di Gershwin commissionate dalla SITI Company e dall’Emerson College. Nel frattempo ho scritto molta musica per piano e ho portato avanti alcune tournée come solista ma anche insieme ad alcune formazioni come per esempio l’Orchestra Kandiskij di Palermo, l’Amsterdam Sinfonietta Trio e la band francese nota con il nome di Astrid.

Durante l’ascolto di The Clearing arriva una sensazione molto vivida, quella di un suono evanescente ma allo stesso tempo presente nello spazio e quindi tangibile. Mi chiedevo se non fosse per la doppia natura dell’album; ho letto che parte dei brani sono stati registrati in studio, mentre altri catturati dal vivo. Ero curioso di conoscere la genesi dell’album, come è nato, e sopratutto se hai seguito un processo di scrittura meticoloso oppure se hai lasciato che le cose accadessero…

“The Clearing” è una raccolta di lavori che ho messo in sequenza per l’album nella forma che potesse riflettere al meglio il mio senso del tempo e il mio viaggio personale durante gli anni precedenti. Solo nella primavera del 2014 ho avuto l’idea esatta di questa sequenza e quello che quindi di conseguenza mancava a tutto il suo tessuto connettivo, qualcosa che avrebbe aiutato la guida dell’ascoltatore fuori e dentro i pezzi più estesi, qualcosa che avrebbe dovuto avere continuità e un suono tutto suo. “The Airs” è stata scritta con questa idea in testa, una modalità armonica semplice e una melodia costruita con violino, sezione archi e piano. Proprio a questo punto mi è stato presentato Scott Morgan del progetto Loscil via email, e da fan del suo lavoro gli ho sfacciatamente chiesto se avesse potuto valutare l’opportunità di lavorare su questi elementi “aerei” (The Airs) per aiutarmi a creare un’atmosfera unica. Felice della proposta, ha accettato e per buona parte dell’estate 2014 ci siamo scambiati file musicali per creare le sei Arie, una collaborazione davvero molto piacevole.
L’unico brano che in realtà è stato registrato dal vivo è “The Herald”, durante una nostra prima performance del brano all’interno di uno show allestito a Louisville la scorsa primavera. Non ero stata in grado di portare il brano in studio e dopo aver ascoltato la registrazione live mi sono resa conto di avere tra le mani qualcosa su cui sarebbe stato possibile lavorare; un vero sollievo!

Rachel Grimes – The Herald, video ufficiale

Come hai scelto i tuoi nuovi collaboratori per il lavoro svolto in studio? E come hai lavorato alla scrittura delle canzoni, hai fornito loro le parti di piano già scritte o vi siete affidati all’improvvisazione?

Tutti questi anni di sperimentazione e di musica suonata mi hanno consentito di incontrare molti grandi musicisti; di norma quando sto sviluppando un progetto, sono solita contattare qualcuno che già conosco e che penso possa essere interessato a partecipare alla realizzazione di un pezzo. La maggior parte del tempo la impiego scrivendo tutta la musica nella forma di una partitura. Per la musica scritta, che ha per lo più uno stile cameristico, lavoro spesso con musicisti che hanno una formazione classica tra quelli che conosco a Louisville. Per quanto riguarda “The Clearing” ho chiesto al trio di Amsterdam di registrare a distanza, ci eravamo trovati così bene suonando il brano durante la tournée da esser sicura che avrebbero catturato quello spirito al meglio, così ho inviato loro la traccia di piano e hanno registrato gli archi come overdub. Faccio molto editing e ascolto retroattivo, per poi nel caso aggiungere alcuni overdubs in una fase successiva. Amo lavorare con gli esecutori per raggiungere un determinato suono, come con Scott Moore che ha suonato un violino a 5 corde per “The Airs” donando al brano un suono ricco e particolarmente luccicante. Per l’occasione ha accordato il violino in modo differente, così da creare qualcosa che fosse più di una sonorità aperta.

Non c’è stata molta improvvisazione da parte degli altri musicisti presenti nell’album, a parte Jacob Duncan (n.d.r Jacob Duncan suona il sax) e la sua performance esilarante su “The Herald”. La mie uniche improvvisazioni al piano sono all’interno di “The Herald”, nella parte solista di “Further Foundation” e in “The Air at Night”

La title track del tuo nuovo album è un brano condiviso con l’Amsterdam Sinfonietta, composto utilizzando la prassi del lavoro a distanza. Ci puoi raccontare tutta la storia, relativa alla gestazione del brano, sia in termini di scrittura che di registrazione?

Ho cominciato a scrivere questo pezzo al piano mentre ero in tournée in Europa, durante il 2010, e quando ho trovato il tempo, l’ho sviluppato come pezzo da camera per trio e piano. Ho fatto un paio di registrazioni a Louisville nel 2011, per poi revisionare e finalizzare il pezzo prima di andare in tour con un trio (violino, viola e violoncello) che faceva parte della Amsterdam Sinfonietta ed eseguirlo al Cross-Linx nell’inverno del 2013. Il pezzo è stato suonato in tutti i nostri show e mentre lavoravamo insieme sentivo che sarebbe stato l’ideale se fossero stati proprio loro a registrarlo. Il loro ingegnere del suono, Dick Sheepbouwer è stato così dolce con me incoraggiandomi nella realizzazione; gli ho mandato la parte di piano via internet e loro hanno registrato ad Amsterdam la parte dedicata agli archi; io mi sono occupata della post produzione in studio insieme a Kevin Ratterman, qui a Louisville.

Come mai hai scelto proprio la parola “The Clearing” per il titolo dell’album? C’è una ragione particolare?

“The Clearing” era il titolo che ho sentito adatto per tutto il tempo. L’idea di una quartina ripetuta, come sentiero guida che attraversa tutto il pezzo e che esplora l’idea di un viaggio personale; essere parte di un percorso senza sapere quale sia la sua destinazione. Si incontrano alcune difficoltà lungo il percorso, queste racchiudono un momento di chiarezza, una luce nella foresta, per poi tornare a percorrere la strada cominciata. In modo piuttosto astratto, molti brani nell’album hanno origine da un punto di vista personale e talvolta strettamente autobiografico, come il risultato di quello che sono state le mie esperienze di vita, in quel preciso momento.

“Transverse Plane” è forse il brano che tra tutti quelli contenuti in “The Clearing” mi ricorda un’attitudine vicina a quella dei Rachel’s, e non solo per la presenza di Christian Frederickson ma anche per le percussioni suonate da Kyle Crabtree; sembra che percussioni e piano affrontino un duello drammatico, fisico, geometrico e selvaggio allo stesso tempo. Ci puoi raccontare l’origine di questo brano?

L’origine di questo strano lavoro proviene da una collaborazione con la SITI Company, nata per creare un pezzo davvero molto personalizzato che doveva sostituirne un altro, utilizzato usualmente dalla compagnia per accompagnare e sostenere l’esercizio preparatorio di un attore teatrale. L’esercizio, che loro chiamano “Stomping and Shakuhachi” è costituito da due sezioni, la prima si verifica sotto forma di un vero e proprio stomping, molto energico, sul pavimento del palcoscenico; un gruppo spinge in avanti fino a quando la musica non indica la caduta dello stesso sul pavimento, si tratta dell’apice della parte con le percussioni in “Transverse Plane Vertical”. Questa sezione iniziale è molto rigorosa per quanto riguarda il tempo ed era l’obiettivo che dovevo raggiungere in modo chiaro e preciso nella scrittura delle parti eseguite da tutti gli strumenti. Il piano, l’arpa e le percussioni sono molto intrecciate tra di loro attraverso i modelli musicali e ritmici. La seconda parte dell’esercizio che nell’album è chiamata “Tansverse Plane Horizontal” doveva fornire un supporto musicale per gli attori sul pavimento che stavano per risorgere tutti insieme e che lentamente emergono mentre si fanno strada verso il fondo. Ho scritto la parte solista di viola per Christian Frederickson, amico di vecchia data e collaboratore al tempo dei Rachel’s

rachel-grimes

Perché in “The Clearing” hai deciso di sviluppare molti brani intorno all’idea del vento e dell’aria, come se fosse un tema centrale?

L’aria e il cielo sono centrali nella mia vita di tutti i giorni, vivo in campagna nel Kentucky nella totale contemplazione e soggezione rispetto alla bellezza, così come osservo il dramma che si verifica nella nostra atmosfera. Più che un tema, il discorso legato alle Arie è un’impostazione, quel tessuto connettivo che porta tutti gli altri frammenti in un contesto correlato.

Uno dei pezzi più potenti ed emozionali di “The Clearing”, secondo me è “Further and Foundation” perché è un brano così solenne da far pensare al sacro e alla musica liturgica, come se fosse l’elaborazione di un canto della tradizione Gregoriana, qual è la storia che c’è dietro la composizione di questo brano?

Sono una grande appassionata della musica rinascimentale, specialmente di tutte quelle sonorità legate alla musica da ballo e alla viola da gamba. Allo stesso tempo amo la polifonia e il vastissimo repertorio della musica corale a cappella scritta per la chiesa Cattolica Romana, la principale forma di impiego per tutti i compositori di quel periodo. Ho cantato questo tipo di musica per molti anni in un gruppo e troverò altre occasioni e altre vie per impiegarla in futuro. Il pezzo a cui ti riferisci è stato pensato come un duetto gentile tra due amanti, una storia che si svolge lungo un ampio periodo di tempo.

I Rachel’s, tra le numerose influenze che sono stati capaci di combinare nei loro album, hanno dedicato un ruolo importante all’esperienza Jazzistica, trasformandola in qualcosa di nuovo. Mi sembra che “The Clearing”, da una prospettiva diversa e con suoni differenti, dedichi uno spazio a quell’idea di Jazz, con la stessa forza performativa. Sei d’accordo? E che tipo di Jazz, se questo riferimento è ancora presente, è quello più importante per te?

Non penso che questo album sia davvero legato al Jazz, penso al contrario che sia vero che l’improvvisazione fa parte molto spesso del mio modo di cominciare un lavoro, quando penso alla scrittura di un nuovo pezzo. Come ti dicevo, “The Herald” è stata una piattaforma per l’improvvisazione al sax di Jacob Duncan; per me quest’album è molto più impressionista nei modi e nei toni e più allineato alla colonna sonora di un film o ad una raccolta di storie. Il Jazz che amo più di tutti è quello Dixieland, le prime big band e tutti quei meravigliosi standard, in questo senso sono sicura che alcuni piccoli elementi di quella tradizione si siano intrufolati da una parte e dall’altra. La continua evoluzione del Jazz come veicolo di sperimentazione può essere presente in termini concettuali, ma purtroppo in molti casi io sono una compositrice solitaria, che scrive e sviluppa materiale perché sia poi proposto ad un ensemble.

A proposito di musica per il cinema, mi interessava sapere qualcosa in più sul tuo rapporto con l’immagine in movimento. Ho un ricordo bellissimo di un concerto dei Rachel’s a Firenze, la mia città, allestito in una vecchia chiesa sconsacrata, era il 1996. Accando a Jason B. Noble, c’era uno schermo dove venivano proiettate delle vecchie immagini, se non ricordo male erano tutti filmati realizzati in super 8. Tu stessa hai lavorato con il centro per i film di famiglia, in quel progetto che citavi prima, legato ad “our day”, il cortometraggio realizzato da Wallace Kelly nel 1938.

Si, Greg King utilizzava solitamente pellicole Super 8 per i concerti dei Rachel’s. Il lavoro di Greg era parte integrante della nostra atmosfera ed era sempre al nostro fianco. Suonava anche il vibrafono e alcune tastiere. Eravamo così affascinati dalla relazione tra musica e immagini, anche se raramente abbiamo pensato a questo come a delle vere e proprie colonne sonore, erano semplicemente delle forme di accompagnamento. Talvolta Greg sostituiva o cambiava i film utilizzati normalmente con un brano specifico. Da parte mia sono sempre stata interessata nella scrittura di colonne sonore e nella possibilità di correlare musica e immagini, mi affascina ed è spesso molto più coinvolgente rispetto ai testi scritti per una canzone. Ho scritto le colonne sonore per molti cortometraggi e ho lavorato a lungo per la Donna Lawrence Production, una casa di produzione specializzata nello sviluppo di installazioni multimediali per i musei come per esempio il New York Historical Society, il National Infantry Museum, Il Museum of World Religions; proprio adesso sto lavorando su un brano per il Kentucky Derby Museum

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Molti brani composti insieme ai Rachel’s sono stati utilizzati durante questi anni in moltissimi film, per esempio in quelli di Paolo Sorrentino e di Frédéric Fonteyne, giusto per citarne alcuni. Tra i film dove è stata utilizzata la tua musica, ce n’è uno che ti ha particolarmente soddisfatto per l’utilizzo che l’autore ne ha fatto in relazione alle immagini?

La musica dei Rachel’s è stata utilizzata in film molto diversi tra di loro, spesso lo stesso brano per sequenze radicalmente differenti. Mi è piaciuto il modo in cui la nostra musica è stata usata ne “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino (n.d.r. Water from the same source) e anche in “Liason Pornographique” di Fonteyne (n.d.r. Lloyd’s Register ), dal momento in cui supportava quello che si vedeva sullo schermo. Mi è piaciuto molto il modo in cui il documentarista Don Argott ha utilizzato la nostra musica in “Art of the Steal” e molti dei miei brani in “Last Days Here”. Mi piacerebbe molto collaborare più da vicino con registi che lavorano con uno stile più astratto, vicini al cinema di Andrej Tarkovskij per esempio, chissà, prima o poi….

A proposito di impressioni e astrazioni, la tua musica sembra molto legata agli elementi della natura. Ti senti più vicina a quei musicisti dei primi anni del novecento che utilizzavano il suono del piano per evocare la natura (penso a Debussy, Alkan, Ravel, Saint-Saëns) oppure ci sono altre esperienze nella storia della musica che senti più vicine al tuo modo di suonare il piano e di scrivere musica?

Sento una forte connessione con la musica per piano di Debussy, era un compositore fortemente innovativo e evocativo, ma anche molto bello e formativo da suonare, è una delle mie principali ispirazioni. Amo moltissimo anche Ravel, il suo linguaggio e l’armonia, ma anche la musica di Chopin e di Satie. Il Clavicembalo Ben temperato di Bach è un pezzo fondamentale del repertorio che ho suonato in realtà solo in parte.

Quanto è importante per te il gioco durante una performance? Ho visto un bellissimo video su youtube, filmato con Jacob Duncan, per il suo progetto chiamato “Liberation Living Room“, dove suoni in mezzo ai bambini….

Il potenziale meraviglioso di una performance live è che può accadere qualsiasi cosa. Amo reagire in base alla situazione e amo sapere che c’è un concerto nel mio cuore, nel mio cervello e nelle mie mani pronto per essere proposto; il modo in cui colorerò quella performance specifica è quello che la renderà viva e divertente. E da questo punto di vista suonare per i bambini e per quelle persone che si sentono attivamente coinvolte è molto soddisfacente. I bambini rispondono alla musica e si donano ad essa in modo molto libero.

A proposito di concerti e del tuo imminente tour, come suonerai sul palco i brani di The Clearing? Potrai contare su tutti i musicisti coinvolti nel progetto o farai una scelta?

Sono molto condizionata dal budget per gli show dal vivo, vorrei avere un ensemble di otto, dieci persone così da avere infinite possibilità per eseguire questa musica sul palco. Al contrario, realizzerò nuovi arrangiamenti per gli strumenti che saranno disponibili, concepiti per le persone che mi hanno chiesto di poter venire in tour con me. Questo weekend suonerò con il Portland Cello Project, 12 violoncelli, due trombe, un basso e una batteria, per loro ho realizzato gli arrangiamenti di quattro dei miei brani. In estate suonerò con Scott Moore al violino e con Jacob Duncan al sax e al clarinetto. Suonerò invece questa estate in versione solista mentre Scott Morgan (Loscil) penserà ai suoni processati per il Substrata festival di Seattle

Verrai in Italia?

Amo venire in Italia, se l’opportunità ovviamente si verifica.

Altri progetti per il futuro? Collaborerai nuovamente con i King’s Daughters and Sons?

Non proviamo da un anno, alcuni di noi hanno dei bambini ed è molto difficile trovare il tempo per fare musica insieme, ma ci auguriamo di poterci lavorare quest’anno.

Grazie davvero per la tua gentilezza Rachel, e grazie per tutta la bellissima musica che ci ha accompagnati durante gli ultimi vent’anni

È stato un piacere, grazie a te per questo dialogo stimolante.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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