Quattro anni non sono pochi ma è questo il tempo che separa The King Is Dead dal nuovo album dei The Decemberists. Certo, in questi anni i membri della formazione di Portland non sono stati fermi. Tutt’altro, i loro nomi compaiono in calce la colonna sonora di The Hunger Games, in alcune serie tv fra cui i Simpson fino a progetti collaterali che hanno visto Colin Meloy, voce della band, impegnato nella scrittura del libro d’avventura Wildwood Imperium. Insomma, i mesi durante i quali i cinque di Portland hanno taciuto non sono stati accompagnati da inattività assoluta. L’inizio dell’anno saluta l’uscita di What A Terrible World, What A Beautiful World, settimo Lp della band. Per chi fosse nuovo al nome della band, The Decemberist intagliano dal 2000 un convinto folk rock dai sapori gaelici, melodie dai fianchi e dagli accordi robusti. Per chi già conoscesse il loro stile, sarà un vero e propio piacere lanciarsi a seguire i percorsi pluviali di What A Terrible World, What A Beautiful World, precipitando lungo i corsi malinconici di Make You Better o saltellando come piccoli leprecani sugli accordi dell’armonica Anti-Summersong.
Non c’è passaggio di questo album che non risulti gradito fino all’ultima nota. Si potrà dire senza rischio di smentita che The Decemberists abbiano scelto la via più facile e consona alle proprie corde, arginando ogni rischio e azzardo e proseguendo sull’antico adagio che tanto gli valse il successo in The Crane Wife. Non troverete in What A Terrible World, What A Beautiful World la chiave di volta per un nuovo e rinnovato folk, piuttosto una conferma di quello che dei The Decemberists vi è sempre piaciuto, dal favellare ecumenico di 12/17/12, ispirata alla sparatoria di Newtown, al sensuale groviglio di Easy Come, Easy Go sino al semi-soul e semi-gospel di Till The Water Is All Long Gone. Come tutte le cose che dalla lentezza traggono la propria bellezza, anche What A Terrible World, What A Beautiful World riflette dello stesso incanto.