Dylan Iuliano, aka The Delay in the Universal Loop è un musicista elettronico e producer tra i più visionari in circolazione. Attivo con questo moniker dal 2012, nel corso di due album ha frequentato palchi europei e statunitensi. Tra questi, il CMJ a New York, il roBOt a Bologna, suonando tra l’altro con artisti come SHIGETO, Rival Consoles, Donato Dozzy, Fennesz, IOSONOUNCANE, Mr. Kitty e molti altri.
Dopo aver pubblicato “Inner Capitalism”, terzo album uscito lo scorso febbraio, è recentemente uscita una nuova raccolta di tracce intitolata “Holy Circuitry”, disponibile per l’Italia su etichetta Bulbless! e per gli Stati Uniti su Bell Garden.
L’artista beneventano aveva già reso pubblico un brano dal suo nuovo lavoro, intitolato “Future Rituals” attraverso il video diretto da Bruno Raciti.
Il secondo video da “Holy Circuitry”, diretto da Manuel Iuliano insieme a Chiara Rigione, lo presentiamo in anteprima esclusiva su Indie-eye Videoclip
The Delay in the Universal Loop in rete
The Delay in the Universal Loop – Luz Y Espacio, il video di Manuel Iuliano e Chiara Rigione
Luce e Spazio. Manuel Iuliano e Chiara Rigione, tornano a collaborare con The Delay in The Universal Loop, interpretando in forma sinestetica, l’energia che sprigiona dalla musica del producer e alchimista elettronico. Una scarica di energia elettrostatica, vero e proprio lampo nella notte, capace di produrre una natività aliena.
La nostra preparazione al Natale è sguardo sul bisogno di luce come fonte e sorgente di immagini.
Per l’esclusiva di “Luz Y Espacio” abbiamo intervistato i due autori del video.
Chiara Rigione su Facebook
Manuel Iuliano su Linkedin
Manuel, Chiara, avete già collaborato con Dylan per la realizzazione dei suoi videoclip a vario e diverso titolo. Potete raccontarci come è nata questa collaborazione, che in termini audiovisivi sembra esprimere lo spirito di un collettivo?
Manuel: Si, con Dylan, essendo fratelli, al di là delle collaborazioni, c’è sempre stato uno scambio di idee sin da quando ci siamo incontrati la prima volta il 20 febbraio 1995 (giorno della sua nascita). Non proprio da subito, visto che i primi anni lui era incapace di intendere e di volere.
Sicuro, quando non volano i piatti, ci diamo spesso una mano nella vita come nel settore audiovisivo, perlopiù io con la creazione di video per le sue musiche e lui con la creazione di musiche per i miei video. In questa occasione, la collaborazione con Chiara è stata molto spontanea e in parte sperimentale, avendo stili molto diversi.
Chiara: Anch’io avevo collaborato con Dylan in passato, in particolare per il videoclip di Absence, di cui ho curato il montaggio, ma non solo. Conosco, seguo ed apprezzo il suo lavoro da molti anni. Manuel ed io, invece, negli ultimi tempi abbiamo provato ad unire i nostri sguardi per realizzare lavori video di vario genere. Sono convinta che la nostra differenza di vedute, per alcuni aspetti, e i nostri diversi background e percorsi artistici ci portino a creare qualcosa di inaspettato, anche con una certa semplicità e fluidità. Quando si riescono a sposare le diversità senza conflitti – o quasi – credo possa venir fuori un’opera più sincera ed interessante.
Nonostante le diverse firme legate ai videoclip di Dylan mi sembra ci sia una costante espressiva, legata alla visualizzazione ritmica del glitch e delle frequenze. Dylan influenza la vostra visione anche intervenendo direttamente?
Chiara: Penso che la visione di Dylan e del suo progetto The Delay in the Universal Loop sia tutta nella musica stessa, non c’è bisogno di suoi interventi diretti, di altre parole, perché ascoltandola non si ha la possibilità di svincolarsene! Quando si realizza un videoclip, l’autore viene in qualche modo catturato dalla musica, la fa sua e la rimodula e modella sulla propria visione. Per quanto mi riguarda, con le canzoni di Dylan mi succede proprio così: mi capita di ascoltarle, spesso di notte quando non riesco a dormire, e vedere le immagini. I suoi pezzi, sia strumentali che cantati sono spesso molto cinematografici. Inevitabilmente portano con sé uno stile, un ritmo che influenza il mio immaginario e di conseguenza le mie visioni. Penso sia un bene che un artista sia così riconoscibile come lo è lui, portando avanti uno stile ben definito pur riuscendo a reinventarsi molto negli anni con i suoi diversi lavori.
Manuel: La musica crea scenari, mood e immagini che influenzano poi lo sviluppo del videoclip e ciò dà un’omogeneità al prodotto finale. Creare un mashup di atmosfere in antitesi tra audio e video non esclude un buon prodotto se non a volte forse migliore o geniale, ma serve un’idea brillante e la consapevolezza che si viaggia sul confine tra un buon risultato e un meme trash, col rischio di creare lo stesso effetto che creerebbe Don Matteo in impennata con la bici in un video heavy metal.
Come nasce l’idea per il video di Luz Y Espacio?
Manuel: È stato un flash!
Chiara: L’idea nasce principalmente grazie alla collaborazione con altre due artiste, la ballerina Clelia Borino e la costumista Assia Patrone. Con loro, Manuel ed io abbiamo costruito il concept, lavorando perfettamente in sintonia. La prima volta che ho sentito il pezzo, ho avvertito subito l’esigenza di vederci su delle immagini, anche per l’assenza di un testo, ma soprattutto perché quella musica mi sembrava richiamasse un’esplosione visiva più di tutti gli altri brani dello stesso album che Dylan ci aveva proposto di ascoltare in anteprima. Quindi, grazie all’incredibile capacità di movimento di Clelia e allo splendido abito che Assia ci ha proposto tra quelli delle sue creazioni, abbiamo provato ad incarnare questi due concetti difficilissimi: la luce e lo spazio. L’aver trovato poi una location così particolare ha fatto il resto.
Mi è piaciuto molto il set. Dove avete girato?
Chiara: La scorsa estate avevamo adocchiato quella pompa di benzina a San Giorgio del Sannio. Aveva le luci al neon malfunzionanti che creavano un particolare effetto stroboscopico. Volevamo assolutamente farla diventare il set per un nostro nuovo lavoro video, quello stesso effetto non sarebbe stato facile da ricreare artificialmente o in post-produzione. Quando possibile, almeno io, preferisco lavorare senza effetti speciali!
Manuel: Abbiamo colto subito l’occasione per realizzare il video che stavamo pensando per Luz Y Espacio, girando a notte fonda, per assicurarci una scarsa affluenza di automobili e per non dare molto nell’occhio. Ma non ci siamo riusciti. Quando siamo ripassati da quelle parti il giorno successivo, le luci erano già state riparate. Evidentemente qualcuno aveva segnalato la comparsa di strane creature attratte dai neon intermittenti e i proprietari erano corsi ai ripari. Per fortuna eravamo riusciti a portare a casa tutte le riprese.
Potete raccontarci qualcosa sulla performer e sul concetto alla base della sua maschera ?
Chiara e Manuel: Indispensabili per il video sono state la capacità di riempire lo spazio di Clelia ed il costume, “Hybris”, ideato da Assia. “Hybris”, in particolare, ha dietro un concept molto dettagliato: rientra in una ricerca più ampia sul corpo e sulle sue capacità metamorfiche. Tutti i costumi realizzati da Assia sono delle mappe tracciate a partire dai confini corporei, esperimenti per il superamento dei “limiti” della carne. Hybris è una creatura che reca su di sé i segni di una contaminazione: un corpo, frutto “ibrido” di specie diverse che sembrano provenire da un altro pianeta. Gli innesti, apparentemente incompatibili con la forma umana, dialogano morfologicamente con essa e con altri mondi, tutto mira a creare una dimensione sospesa e incerta che ricorda quella della crisalide. Questa evidente trasgressione della separazione dei regni, a favore di una loro armonica e suggestiva fusione, non ha nulla di finito ma si apre ad una ulteriore, imprevedibile evoluzione. É col movimento della performer che si materializza questa possibilità di divenire altro ancora. I movimenti sono suggeriti nella parte inferiore: la creatura accenna passi e oscilla tra il tentativo esplorativo e il timore di quanto è attorno. I gesti trovano un loro più ampio sviluppo nella parte superiore che muove braccia tentacolari che ancora non afferrano. Il corpo esita in un loop musicale, vivendo quella fase di transizione, di sospensione tra ciò che era e ciò che sarà.
C’è uno spirito sci-fi molto bello e anche una serie di riferimenti cinematografici molto interessanti, soprattutto per l’uso dello spazio come cornice performativa. Allo stesso tempo, il discorso che costruite plasma le immagini e la percezione del luogo grazie al rapporto tra luce e buio. L’effetto è sorprendente perché è come un dancefloor open space, dove il corpo diventa cosa evanescente.
Cosa ne pensate e soprattutto cosa volevate ottenere con questi elementi in gioco?
Manuel: Luce e spazio era ciò che andava costruito, quello che le sonorità richiedevano. Abbiamo quindi immaginato un’esplosione di energia, in un luogo apparentemente ameno e abbandonato. L’estetica che volevamo ricreare era quella della città svuotata nel cuore della notte, la sua desolazione e insieme la sua potenza ed energia. In particolare eravamo attratti dall’architettura della pompa di benzina, che è entrata già da tempo nell’immaginario artistico, dal cinema, alla fotografia alla pittura (o viceversa).
Chiara: A me faceva ovviamente pensare a Wim Wenders e alla fotografia di Robby Müller e prima ancora alla sua ispirazione hopperiana, ma anche ad alcuni lavori fotografici più recenti, dai colori più lividi e inquietanti. Questo unito ad altre influenze: sicuramente The Neon Demon di Refn o alcuni lampi lynchani. Abbiamo lavorato così anche con il DOP Orlando Marallo, per cercare di creare quest’atmosfera in cui l’alieno protagonista potesse muoversi come un mostro partorito dalle tenebre, come fosse parte stessa della notte, un sogno o un incubo, mentre tutti dormono.
Del video mi colpisce moltissimo la brevità. Passa davvero come un lampo e anche per questo reinterpreta il concetto di “visual” in modo fulmineo. Una specie di haiku astratto. È così ?
Chiara: Riuscire ad associare ad un mio lavoro la forma poetica è sempre ciò a cui anelo. Quindi se vedi questo videoclip come un haiku non posso che esserne felice!
Manuel: Sicuramente volevamo che il video fosse un fulmine di energia che squarcia la notte e che resta negli occhi dello spettatore almeno quanto nelle sue orecchie il brano musicale. Provare a dargli una scossa, breve ma fulminante.
Altri progetti in corso di sviluppo insieme a Dylan?
Chiara: Non nell’immediato, ma sicuramente ci inventeremo dell’altro insieme. Perché no, un progetto cinematografico.
Manuel: Una pizza? Magari un giorno girare un film festeggiando il Benevento in Champions League.