venerdì, Novembre 22, 2024

The War On Drugs – Lost In The Dream: la recensione

Formatosi attorno al 2000, The War on Drugs è un progetto dove convogliano nomi non indifferenti; nato inizialmente attorno alle figure di Adam Granduciel e Kurt Vile, il gruppo ha attraverso diversi cambi di line up fino a giungere all’attuale formazione che vede Granduciel alla voce, Dave Hartley al basso e chitarra e Robbie Bennet alle tastiere.
Lost In The Dream è il terzo album della formazione di Philadelphia uscito a tre anni di distanza dal precedente Slave Ambient. Accolti da un artwork che richiama la postura di Aqualung nel celeberrimo omonimo dei Jethro Tull, l’album si configura sin dalle note di apertura di Under The Pressure una cordiale discesa nel rock classico e pulito dell’America dei cantautori, a metà fra uno Springsteen dei tempi di Born e Bob Dylan di un Knocked Out Loaded. The War on Drugs guarda negli occhi una certa tradizione degli anni ’80, la stessa che lega i nomi sopraccitati a Tom Petty ma non solo; echi di Dire Straits e guizzi che si allungano fino ai primi anni ’90, a seguire le orme dei Pink Floyd di The Division Bell.

Spiragli che si aprono su un pop che guarda alla spazio la cui eco rimbalza sulle pareti vuote di una stanza lunare. Lost In The Dream è un album giocato sui chiaroscuro della sua estetica raffinata ed elegante che preferisce puntare ai suoni indefiniti e piovosi della maracas (Under The Pressure) o sui vuoti vocali e i synth astronomici (Red Eyes) o ancora sul bon ton soft dei riff di chitarra (Disappearing). Forse meglio di ogni excursus, la lunghissima suite in An Ocean In Between The Waves può offrire un fedele saggio delle varietà che sfilano dell’album. Dapprima il gemmare di suoni space nell’intro che crescono ciclonici fino ad innescare l’assolo di chitarra che da intervento timido raggiunge l’ampiezza della scena fino ad inghiottire e annullare la voce di Granduciel. In Reverse chiude questo gioiellino destinato a ritagliarsi un antro di memoria per i giorni avvenire, consegnando ad un sottofondo liquido i suoni di un risveglio ovattato all’ombra del profilo serioso di un faro all’alba.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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