giovedì, Novembre 21, 2024

Tom Petty, between a memory and a dream: I videoclip

Un viaggio senza fine, quello di Tom Petty tra due mondi. Dalla memoria al sogno, lo ripercorriamo attraverso alcuni videoclip fondamentali nella sua carriera e nella storia del video musicale.

L’influenza di Tom Petty sulla diffusione dei video musicali è davvero incalcolabile. Alcuni dei videoclip legati alla sua discografia hanno fatto la storia per motivi anche contingenti, ovvero in un momento in cui l’innovazione non era semplicemente una questione di linguaggio interno alla cornice stessa del mezzo, ma apriva nuove possibilità al performer. Tom Petty si stacca presto da quella dimensione, dopo aver attraversato l’ultima stagione dei promo-video, quelli che dalla seconda metà degli anni ottanta, ancora ritagliati sull’immagine di una band che suona, si avvicinano agli ottanta.

Tom Petty And The Heartbreakers – Here Comes My Girl – Dir: John Goodhue

Tom Petty sfrutta la centralità come storyteller, per diventare narratore/personaggio onnisciente delle sue clip, una presenza per certi versi rassicurante, capace di offrire coesione al racconto e di identificarsi con lo schermo, dal quale più volte indirizza sguardo e gesti allo spettatore, come per definire i confini dell’arena catodica anche in modo ironico e critico, onestissimo rispetto alla realtà raccontata, eppure sempre sospeso tra due mondi; basta pensare alla collocazione del suo sguardo in parallelo con i confini dell’inquadratura in un video della fine degli ottanta, Free Fallin’, diretto da Julien Temple 

“You Got Lucky”, diretto nel 1982 da Jeff Stein per Tom Petty And The Heartbreakers, si apre su uno scenario sci-fi ed è il primo video che include un’introduzione narrativa indipendente rispetto al brano stesso. Un ghetto blaster è il segno del presente, archeologia adesso più vicina in virtù della sua lontananza. L’accensione innesca il viaggio e la comparsa degli altri Heartbreakers. È un carosello di memorabilia: vecchi Juke Box, registratori a nastro, schermi obsoleti; alla fine i nostri gringos del futuro si portano via solo una chitarra  lasciandosi alle spalle i pezzi di una tecnologia deperibile.
Visto oggi fa sorridere, come tutta l’ingenuità di alcuni video del periodo, piccoli film irrimediabilmente muti, ma si pone da subito in netto contrasto con la nascente nuova ondata delle clip narrative, con una luce che illumina il “quadro” di un riflesso crepuscolare.

Tom Petty and the Heartbreakers – You Got Lucky – Dir: Jeff Stein

È sempre Jeff Stein a dirigere il video che diventerà un marchio di fabbrica per Tom Petty, spesso dietro l’idea di base e qui sceneggiatore insieme a Dave Stewart, presente con un piccolo cameo all’inizio del brano, appollaiato su un fungo mentre fuma una pipa.
Don’t Come Around Here No More” è una filastrocca minacciosa anche nelle liriche, più vicina per quanto riguarda i suoni alla produzione coeva dei The Cars.
Non è un caso che lo straordinario video di You Might Think uscito nel 1984 per promuovere l’ultimo album di Ric Okasek e soci sia diretto sempre da Stein. Le due clip sono molto simili per il modo in cui utilizzano l’elettronica, spezzando la linearità del racconto con una serie di trasformazioni a vista che usano una versione aggiornata della cut out animation, rendendoli di fatto dei veri e propri cartoon. Per i Cars Stein lavora con la Charlex video company che già produceva advertising e animazione di quel tipo, per poi capitalizzare trucchi ed esperienza, mettendoli al servizio nel video di Tom Petty, realizzato l’anno successivo. Ocasek e Petty occupano una posizione molto simile, quella di un narratore onnisciente che diventa cornice stessa dell’inquadratura, genesi  e distruzione dell’immagine elettronica. 
Il paese delle meraviglie è il teatrino televisivo, set claustrofobico da cui Alice non può fuggire, in anticipo rispetto alla lucidissima riflessione sul rapporto cognitivo tra immagine televisiva e memoria passiva fatta da Kevin Godley con il bellissimo video di The Answer, girato all’inizio del decennio successivo per il grande Garland Jeffreys

Tom Petty And The Heartbreakers – Don’t Come Around Here No More – Dir: Jeff Stein

Il cappello del cappellaio matto e la forte tendenza a dissolvere il racconto nel gioco combinatorio dell’animazione sono al centro di “Running’ Down a Dream“, il video diretto da Jim Lenahan nel 1989 e ispirato alle strisce di Winsor McCay dedicate a Little Nemo in Slumberland. Petty è un po’ Little Nemo e un po’ Flip, il personaggio con cappello che invita il piccolo protagonista a svegliarsi dai sogni lunghi quanto il fumetto stesso. Il lavoro di Jim Lenahan è prodigioso e ricorda molta animazione degli anni settanta, dalle linee mutanti di Marcell Jankovics fino all’universo fantasy di Gerard Potterton

Tom Petty And The Heartbreakers – Runnin’ Down A Dream
– Dir: Jim Lenahan

Torna il cappellaio e la sua shrinked band nel video di “Into the great wide open“, uno dei primi ad impiegare un cast cinematografico insieme a “Remember the time” di Michael Jackson. L’effetto granuloso della pellicola colloca ad una distanza aurorale le performance di Johnyy Depp e Faye Dunaway, mentre il racconto di un sogno hollywoodiano infranto contrasta con la tendenza già di retroguardia dei videoclip narrativi, coperti dalla musica e confinati in una dimensione aurorale e muta. Dirige ancora Julien Temple e il suo marchio di fabbrica tra documento e finzione, cinema confessionale e racconto Hollywoodiano si vede tutto, come era per Free Fallin’

Tom Petty And The Heartbreakers – Into The Great Wide Open
– Dir: Julien Temple

E dal cinema viene l’ultima danza con Mary Jane. Una ballad dylaniana amarissima sulla fuga (dai soliti luoghi, dalla solita gente, dalla solita merda) diventa una commuovente contemplazione del desiderio e della morte. Tom Petty è uno dei medici di un obitorio e dopo aver rapito il cadavere di una bellissima donna, lo veste a festa, prepara una cena romantica per lei ed infine la lascia andare tra i flutti del mare. La donna è Kim Basinger, mentre la regia è affidata a Roger Donaldson, uno “specialista” del Cinema action che un anno prima aveva diretto il remake di Getaway, sempre con la Basinger e con Alec Baldwin.

Anche in questo caso, pur nella dimensione tradizionale del racconto, Tom Petty gioca per contrasto tra il romanticismo dolente delle liriche e una traduzione visiva che le interpreta imboccando un’altra strada, ma mantenendone intatto lo spirito. Al centro sempre il suo irresistibile volto, ironico e beffardo come quello di un narratore che vuol trarre in inganno la morte.

Tom Petty And The Heartbreakers – Mary Jane’s Last Dance – Dir: Roger Donaldson

Non sono così diversi nello spirito i bellissimi ritratti ideati da Peter Care per il video di “It’s Good to be King”. Sette anni prima del suo debutto nel cinema con lo splendido e anticlericale racconto di formazione “The Dangerous Lives of Altar Boys“, uno dei videasti americani più interessanti e creativi tra gli anni ottanta e i novanta, ritaglia sulle liriche proletarie di Petty le immagini più politiche della sua carriera insieme a Peace in L.A. di Jeff Richter. Le scelte di Care confondono il documento con la ritrattistica, l’iperrealismo lowbrow dei colori con la realtà quotidiana, confinando Petty nello spazio di un tableaux vivant fotografico.

Tom Petty – It’s Good to be King – Dir: Peter Care

Ci piace chiudere senza rispettare la cronologia, con un video del 1994 diretto da Phil Joanou, che in quegli anni, a partire dal 1987, aveva diretto le migliori clip per gli U2.

Realizzato in un piano sequenza con il volto di Tom Petty al centro, identifica il movimento della camera con la sua stessa presenza.
You Don’t Know How It Feels” si muove insieme a l’occhio mentre sullo sfondo di un set quasi sempre fuori fuoco emergono le figure di un circo, i rapinatori di una banca e gli elementi stessi del set in continua mutazione, inclusa una casa che viene sfondata con gli attori all’interno, omaggio sentito al Buster Keaton di Steamboat Bill, Jr.
Ancora una volta Tom Petty scrive con le immagini nello stesso modo onesto con cui definisce il suo mondo poetico, diventando di fatto l’attrattore e l’autore dei suoi video. Nei versi “I woke up in between a memory and a dream” c’è il senso di queste stesse immagini, quel trovarsi tra due mondi e non riuscire a conciliarli; mentre un set cade, un altro emerge da questo viaggio senza fine

Tom Petty – You Don’t Know How It Feels – Dir:

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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